Merano è tanto vino, festival e bella vita!
Sono tornato da Merano con tanto entusiasmo per gli assaggi che ho fatto e contento di essermi goduto una piccola città, così ben curata ed accogliente. Il Merano Wine Festival esiste dal 1992 e porta nel centro della città altoatesina un concentrato di grandi vini, aziende dal grande calibro e cibi di primissimo livello.
In mezzo a tanta magnificenza non tutto è andato liscio come l’olio nella macchina organizzativa della manifestazione: i locali del Kurhaus e dell’Hotel delle Terme di Merano non si mettono in discussione, tanta è la bellezza e la cura che li contraddistingue.
Potrebbe essere gestita meglio la calca di gente nelle ore di punta della manifestazione, in modo da rendere più vivibili gli spazi, forse diventati troppo piccoli per lo spessore della kermesse.
Ritirare il bicchiere da degustazione può essere una corsa ad ostacoli nel mare di persone che spinge da ogni dove, credendo di rubare tempo all’eterna pazienza degli altri.
In ogni caso il bilancio è positivo, molto positivo! Quando mi concentro e mi dedico al vino, tutto il resto passa in secondo piano!
Il Merano Wine Festival 2018 che non mi aspettavo
Ho voluto godermi i tre giorni di Merano assaggiando vini diversi e aziende mai conosciute, senza seguire i vincoli regionali, della tipologia o dell’affinamento. Non mi interessava fare solo vini naturali, piuttosto che bianchi, rossi o bollicine. Ho preferito dare spazio a tutto ciò che potesse incuriosirmi, senza mettere preconcetti o paletti a limitare la mia voglia di nuove scoperte.
→ Ho inserito anche la Toscana tra le degustazioni: è la mia regione, ma mi serviva Merano per scoprire nuove realtà!
Monteverro – Capalbio (GR)
Non ho ancora visitato la cantina, visto che era la prima volta che entravo in contatto con Monteverro, ma alcune immagini che ho visto mi hanno fatto venire l’acquolina in bocca. Ci sono immaginni stupende della loro tenuta e ti consiglio di dare uno sguardo al loro sito internet, se non mi credi. Al Merano Wine Festival 2018 ho approfittato dell’occasione per una mini verticale del loro secondo cru, il TERRA DI MONTEVERRO.
Terra di Monteverro 2015 ( Cab. Sauvignon, Cab. Franc, Merlot e Petit Verdot )
Il vino è frutto di un’annata interessante e di buon livello generale e lo dimostra subito. Al naso si presenta preciso, intenso e con una spinta olfattiva che promette grandi cose. Forse è ancora un pò chiuso, timido nel suo divenire evolutivo ma la complessità è già molto valida. C’è una buona vena speziata, frutti neri maturi come ribes e mora, poi tabacco, caffè e tanto erbaceo scuro e teso.
In bocca è ancora sbilanciato con un tannino così deciso e aggrappante alle gengive da nascondere anche il buon ricordo fruttato e polposo. C’è sapidità a buon livello, l’alcol non è fastidioso nell’insieme mentre il lato erbaceo prende ancora il sopravvento. Lunga persistenza e bisogno di affinamento vanno di pari passo! EN PRIMEUR al Merano Wine Festival 2018.
Terra di Monteverro 2014
L’uvaggio è il solito, ma è il vino ad essere figlio di un’annata diversa e “strana” rispetto alla 2015. È un vino più magro, snello e con tonalità erbacee portate dai Cabernet e dal Petit Verdot che si prendono la scena. Sento menta, peperone verde, ciliegia marasca, ribes, tabacco biondo, china e chiodi di garofano. Al naso può sembrare un vino già godibile, vediamo al palato.
Conferma in pieno l’impressione e lascia la bocca fruttata, piena, fresca e “più bella” di molti altri vini 2014. È salivante, quindi si fa bere bene, ha un tannino pulito e giusto, con una bevibilità a tutto tondo che fa invidia. Già ora riesce a dare piacevolezza, mi piace, ne berrei di continuo. Quando è così, viva la 2014!
Terra di Monteverro 2013
Nell’annata 2013 invece abbiamo vissuto il regno del calore estivo e ciò non poteva non riflettersi nella produzione vinicola. Quindi resetta dalla 2014 e partiamo! Già al naso sento corpo, calore, un bel carico speziato che avvolge le narici, poi il balsamico/mentolato rinfresca, prima che prugna e noce moscata rendano più solido, pieno e lungo l’olfatto.
In bocca è caldo, percepisco erbaceo secco ed una nota tostata di tabacco che sono secondi solo alla grandezza del frutto polposo e vivido che mi riempie la bocca. Sento calore e alcol ma non sono invadenti. Riesce ad essere un vino ampio e pieno, ma anche fine e discreto nel muoversi compatto e unito. Il tannino è vivo, sapido e non rovina l’equilibrio d’insieme, nonostante a tratti marchi in modo impattante. Lungo, sapido e tanta frutta nel finale. Grande!
Terra di Monteverro 2011
Siamo nel regno del balsamico che arriva con tutte le sue armi come eucalipto e menta. Ci sono tante erbe aromatiche, macchia mediterranea, folgie di thè e frutti ancora ben polposi, ma delicati e fini. Ha una buona intensità, resta fine e delicatamente personale, pur essendo più permeabile al naso rispetto alla 2013.
La bocca invece è più decisa del naso, con un taglio erbaceo che segue un tannino vivo, fresco e carico di forza. Ha ancora una tensione acida e salivante che lo rendono sprintoso e con una freschezza lunga, godibile e piacevole, nonostante un tannino che sembra ancora incompiuto ed aspetti il passare del tempo per dare il meglio di sè. La bocca resta asciutta, sassosa e fine in tutto l’insieme.
Monteverro 2014
L’utilizzo all’80% di barrique nuove dà un’impronta al vino, non invadente ma sicuramente marcata. Ha un’ampiezza e complessità di profumi che alzano l’asticella rispetto al Terra di Monteverro, ponendosi con un ingresso balsamico e mentolato, prima di aprire con il valzer di frutti sottospirito. Ciliegia e mora anticipiano una piccola nota ferrugginosa, poi rotondità olfattiva e tabacco biondo per il tostato oltre chiodi di garofano per la speziatura. Rimane lungo il suo olfatto, prendendo in custodia il naso e dandogli tanta felicità.
In bocca è caldo ( nonostante l’annata ) dimostrando che l’alcol c’è e vuole giocare la sua parte. Entra potente, larghissimo, impattante con un tannino setoso e levigato che lascia increduli per come si integra alla perfezione con freschezza ed acidità. Il palato resta salivante, mentolato, fresco e sempre con una finezza invidiabile. Ha un’eleganza che lo fa vivere di grande luce propria e che lo mette al riparo da brevi cadute in futuro. Ha molto potenziale e si pone tra i migliori assaggi di questo Merano Wine Festival 2018.
Ti presento qualche altro assaggio toscano del mio Merano Wine Festival 2018
Montenero Ciliegiolo 2016
È un vino piacevole e sprintoso al naso con quella spinta fruttata che vuole urlare al mondo la sua presenza possente. Ci si mettono anche le spezie a mettere un carico di piccantezza e brio all’olfatto già inebriato dai frutti. Ciliegia e lampone sono i responsabili principali, poi quel pepe dolce che si integra alla grande, insieme al ricordo dei fiori appena sbocciati e freschissimi.
Quando lo assaggio mi innamoro della sua bevibilità, di come mi lasci la bocca fresca, piena di frutta e con tanta salivazione. Sento un leggerissimo sentore tostato che mi ricorda un pò il legno lasciato essiccare al sole, la polpa dei frutti che rimane per molti secondi, mentre il tannino è solo una comparsa, presente, ma senza un ruolo da protagonista. Chiude lasciando la voglia di riberne un altro bicchiere: meglio di così non poteva. È il mio OSCAR del Merano Wine Festival 2018 come vino da bere a catinelle!
Montemercurio Damo 2011
Mi ricordavo le altre annate di Montemercurio per la loro concentrazione e potenza, vediamo se anche la 2011 mi conferma lo stile produttivo. Arriva subito per come si presenta al naso, con un’intensità ed una concentrazione di profumi che fanno capire quanta sostanza ci sia dietro. Mi arriva anche l’ematico ferrugginoso del Sangiovese che ha affinato nel tempo, poi la vena scura del tabacco bruciato e delle foglie di thè, poi alloro, cardamomo, frutti neri come prugna essiccata e mora in confettura, infine fiori secchi. Al naso è più potente e complesso che elegante, ma è giusto non penalizzarlo in finezza nonostante la sua irruenza.
In bocca è teso, deciso, ha tanta acidità e quel tannino ancora nervoso e muscoloso che si prende cura della bocca senza mezze misure. Ha tanta materia, frutta e anche la giusta freschezza che alleggerisce. È un vino intenso, ruspante e che ancora deve smussare il suo temperamento.
Podere Forte Guardiavigna 2015
Ormai la Toscana insegna che i vitigni internazionali si sono ambientati molto bene ed anche il Guardiavigna, figlio di Cabernet Franc, Merlot e Petit Verdot, ne è un esempio lampante. Mi piace la sua piena intensità, lunga e ampia con prugna secca, mora e ribes che danno un tocco profondo all’olfatto. Continua con tante spezie, profumi scuri portati da tabacco e caffè, oltre a mirto e bouquet di fiori secchi.
In bocca è ancora giovane e si sente il bel carico fruttato, ma anche una chiusura amaricante prima dell’ingresso della sapidità. Quasi sassoso il suo tannino, ancora verde ed astringente, mentre il ricordo è fatto di tabacco, foglie secche e accenno di liquirizia. È ancora giovane e deve trovare il tempo di affinare.
Podere Forte Guardiavigna 2009
Salgono ovviamente l’evoluzione ed i sentori terziari in questo vino, nonostante all’inizio prevalgano le note erbacee secche, le erbe aromatiche ed il chiaro timbro di peperone verde. Il suo olfatto è diretto e duraturo al naso, mentre trovo tracce di ciliegia marasca, prugna e macchia mediterranea nell’insieme delle note olfattive. È un buon mix di potenza e finezza.
Sorprende anche al palato, perchè me lo sarei aspettato più carico e denso, invece ha tanta acidità e procura lunga salivazione. Il tannino è più integrato nel vino rispetto alla 2015, ma ancora deciso e con un buon ruolo al palato. Ha una buona bevibilità, è un vino sapido ma al tempo stesso che non tradisce le attese di evoluzione e struttura.
DOMANDA: vai al Merano Wine Festival 2018 e non vuoi dare spazi ai vini dell’Alto Adige?
Alois Lageder – Alto Adige
Il vino non è un gioco per la famiglia Lageder. Dal 1823 è entrato a far parte in maniera attiva della vita della famiglia, mentre oggi alla guida dell’azienda ci sono la quinta e sesta generazione. Il legame tra la cantina Lageder e l’Alto Adige non si ferma qua, ma coinvolge da vicino ogni aspetto della produzione di vino. Il rispetto per il territorio d’origine è linfa vitale nei vini dell’azienda e l’amore verso la natura incontaminata dei loro vigneti si ritrova in ogni singolo sorso!
Löwengang Chardonnay 2015
È frutto di quell’agricoltura biodinamica ormai portandiera dell’azienda, di circa 11 mesi passati in affinamento sulle proprie fecce fini in barrique e di una fermentazione spontanea delle proprie uve.
Quanta complessità che ho trovato in questo Chardonnay! È diverso rispetto alla massa di vini “indefinibili” che sono presenti sul mercato. Mi impressiona il carico di agrumi, albiccoca e pesca maturi, il burro fuso, la nocciola tostata, un leggero sentore di tabacco affumicato e fiori secchi. Ha lunghezza olfattiva e finezza in ogni singolo istante in cui lo sento al naso: è elegante ad alti livelli!
Al palato è caldo, ampio e complesso: è una bevuta ricca di gusto, ma anche di un’eleganza così difficile da declinare dentro a confini di strette parole. Mi colpisce la sua sapidità, sempre presente e continua per lunghi secondi, ma anche quel bel tocco citrino che stuzzica la lingua, alleggerendola, ma al tempo stesso rendendola finissima. Nel finale resta asciutto e snello, nonostante la persistenza sia un filo oleosa e corposa al palato.
Am Sand Gewürztraminer 2016
Tradizionalmente non sono amante della tipologia, ma Lageder è riuscita a farmi fare pace con il Gewürztraminer! Lo dico perchè ho trovato un vino che fa dell’eleganza e della finezza caratteristiche praticamente sconosciute agli altri, rendendolo talmente godibile ed entusiasmante da non crederlo vero.
Gestisce perfettamente la tipica ampiezza olfattiva del vitigno, lasciandola sfogare in una struttura carica ma sempre dentro limiti ben delineati dell’eeleganza e della finezza. È un festival di frutti, partendo dall’ananas fino agli agrumi maturi e fino al mango ed alla papaya. Sento anche erbe aromatiche, una bella speziatura intrigante e tante note minerali.
Strano ma vero per quanto è salivante e fresco al palato, in cui l’alcol non assume i contorni dell’invadenza tipica, mentre prevale la sua bevibilità verticale e snella, quasi armonica, ma di sicuro sempre fine e gentile al palato. Persistente e diverso per lo stile tipico del vitigno.
Nals Margreid – Alto Adige
Tra le certezze dell’Alto Adige c’è sicuramente la cantina Nals Margreid. Con i suoi 160 ettari di vigneti gestiti da 138 piccoli coltivatori è tra le cooperative di maggiore successo della regione. Gestire così tanti vignaioli è un impegno enorme, ma paga a livello di qualità visto che ognuno si conforma alla linea guida della cantina. I vigneti sono disposti in varie località dell’Alto Adige, partendo da Nalles fino a Magrè. Ora però ti racconto i vini, per il resto fatti un giro sul loro sito aziendale!
Pinot Bianco 2017
Il particolare affinamento fatto in botte grande di legno dona ampiezza olfattiva e buona complessità ad un Pinot Bianco dell’Alto Adige che si distingue per tono e struttura. Sento agrumi, susina bianca e mela più maturi e polposi di quanto mi aspettassi, così come mandorla tostata, ricordi di fieno caldo e buoni accenni speziati. Chiude le sensazioni al naso con un piacevole tostato secco ed un pizzico di minerale che sembra sfociare in pietra focaia. Nonostante la potenza al naso, resta equilibrato ed abbastanza fine.
In bocca ha acidità e salivazione da vendere, oltre che ad un sapidità che, soprattutto in attacco di bocca, lascia sorpresi. È un vino lungo, pieno, ma tutto sommato fine in ogni suo movimento. Non delude neppure in persistenza e si pone ad alti livelli per un vino dell’annata 2017. Con la sua freschezza potrà ambire a durare qualche anno.
Pinot Bianco 2016
Alza il livello di finezza ed eleganza al naso rispetto alla 2017, visto che ha stemperato la potenza olfattiva dell’annata in corso. È ancora più equilibrato e rotondo, senza spigolosità o profumi che spiccano e sovrastano gli altri. Sento maggiormente la vena minerale, così come quelle erbacea secca che sfuma anche in dolci ricordi di camomilla. I frutti sono croccanti, rotondi nel gusto e danno consistenza all’olfato.
Al palato la mineralità fa un salto diventando un ricordo quasi sassoso, unendosi ad una struttura che lo rende piùù denso e pieno di gusto. Gli agrumi sono più maturi ma non mancano comunque di portare un contributo citrino importante che, assieme alla sempre presente mandorla tostata e fieno secco, riempiono ogni lato della bocca. Ancora più lungo e persistente della 2017, è la sua degna evoluzione.
Pinot Bianco 2010
Fin dal primo momento mi accorgo quanto sia evoluto e diventato grande! Al naso è subito più “grasso” e denso degli altri, forse anche per quel ricordi di burro fuso, ananas maturo e pesca gialla sciroppata. Qua la pietra focaia è netta, tagliente e decisa, poi paglia scaldata al sole, intensità a tutto tondo e tanta profondità olfattiva. Tutto però è sorretto da un’eleganza che dire suadente è poco. Che bello al naso, mamma mia!
È spettacolare anche al palato, bilanciato, sia per freschezza ed acidità che sono ancora li, marmoree e ferme come una statua, ma anche per quel velo di morbidezza che crea equilibrio e tanta signorilità. È un vino che avvolge la bocca con la “colpa” di rapirla per farle sentire tutta la sua essenza: ogni singolo sentore torna al palato in modo nitido e preciso. È un vino sapido, lungo in persistenza e che lascia la bocca asciutta e ben sassosa nel finale. Bellissimo!
Dall’Alto Adige alla Campania…Marisa Cuomo con Furore!
Chi non conosce Marisa Cuomo? È la signora della Costa d’Amalfi del vino, quella ha stravolto e riscritto le regole del vino della zona, facendolo conoscere agli occhi dell’Italia e del mondo per quello che è: un vino dalle enormi qualità e potenzialità. Non era facile superare il clichè della costiera amalfitana fatta di bellezze naturali, bel mare e bella vita.
Da tempo si parla della zona anche per il vino ed il merito è sicuramente suo! Il 1980 è la data d’inizio di questo viaggio che ha portato a certezze solide e stabili come quelle della roccia in cui si trova la cantina! I vigneti dell’azienda si trovavano a picco sul mare della costa di Salerno e variano da altezze comprese dai 200 metri sul mare fino ai 650 metri circa.
L’idea è sempre stata quella di portare in bottiglia l’essenza vera della loro zona d’origine, utilizzando vitigni autoctoni che potessero differenziare in modo univoco i loro vini. Le uve bianche usate nel cru aziendale sono Fenile, Ginestra e Ripoli e costituiscono l’assemblaggio del grande Fiorduva!
Fuore Bianco Fiorduva 2016
Mi strega fin dal primo secondo grazie all’ampiezza olfattiva che dimostra e resto fermo al palo cercando di riprendermi dalla “botta” di sentori marini, iodati e della polpa fruttata che percepisco. Ogni famiglia di profumi è presente con fieno secco, ginestra, bergamotto, agrumi essiccati, ma ancora non è nel migliore stato di forma per esprimere le sue qualità al naso.
Già ora dimostra finezza ed eleganza, sento accenni di pietra focaia e grafite che stanno nascendo ma che in futuro potranno ancor di più dimostrare il legame di questo vino al suo terroir. La mineralità continua al palato con quel sale che rende il vino praticamente salato, più che sapido, oltre al tono agrumato che arriva potente e ben deciso a dare corpo e larghezza alla bocca.
Mi ritorna il contributo del fieno e delle erbe aromatiche che restano lunghi secondi al palato assieme a tutto il carico di personalità già dimostrato in precedenza. Nonostante dimostri tutta questa forza esplosiva, riesce comunque ad essere fine, elegante e senza sovvertire le regole che si confanno ad un grande vino. Sono entusiasta!
Ritorno al Nord con Poderi Luigi Einaudi in Piemonte
Parlare dell’azienda Luigi Einaudi significa parlare di un pezzo di storia del nostro paese. Non parlo solo di storia del vino, ma anche e soprattutto di storia politica e dirigenziale di quella bell’Italia che forse non tornerà più. Per tutti gli appassionati di storia – oppure per tutti coloro che un minimo di storia dovrebbero conoscerla – quando si tocca il nome di Luigi Einaudi, la mente corre al primo Presidente della Repubblica Italiana, uomo e cittadino dello Stato che si è preso carico, insieme ad altri “eroi” della Patria, di ricreare un paese dalle ceneri di una monarchia e dittatura ormai desueta.
Anche nel vino Luigi Einaudi ha fatto storia visto che, fin dal 1897 in cui acquistò il primo terreno, non smise mai di avere un contatto quasi viscerale con la sua terra. Si dice che non si sia mai perso una vendemmia, neppure quando ero a Roma per incarichi costituzionali, tanto era forte il legame che lo teneva stretto a quelle origini sabaude.
→ Con il racconto della storia di Einaudi mi fermo, ma continua a leggerla sul sito aziendale!
Vigna Tecc 2016 Dogliani Superiore
Il Dolcetto è un’uva fantastica e fondamentale per il Piemonte. Non si vive di solo Nebbiolo, ma anche di Barbera e Dolcetto nella campagne piemontesi. Il Dolcetto qua si esprime alla grande con naso espressivo e stuzzicante che racconta di frutti dolci, spezie, vaniglia e tanta polpa fruttata. Non manca un fitto tocco floreale, vivo e armonioso che ben si lega con le altre famiglie. In sostanza è un vino piacevolissimo al naso e ben fine nella sua essenza.
In bocca poi vive di contrasti ben bilanciati tra la spinta aromatica della ciliegia e del lampone, insieme ad un tannino che ha grip da vendere e buona astringenza sulle gengive. Mi piace come rinfresca il palato, donando acidità giusta per non farlo sembrare troppo “ciliegione”, poi ci stanno alla grande le fini note tostate ed erbacee che donano maggiore complessità di gusto. Giusta persistenza.
Barolo Cannubi 2014
Mettiamoci sull’attenti quando si parla di Cannubi e della sua piccola collinetta, visto che è uno dei cru più importanti dell’intera langa. Dall’altra parte però c’è l’annata 2014 che l’umana memoria non ricorderà come una delle migliori annate del secolo, anzi. Poi però ci sono le aziende che anche nella 2014 hanno lavorato per cercare la qualità, senza ma e senza se. Ecco allora che il Barolo Cannubi 2014 di Luigi Einaudi è un Barolo godibile già ora, invitante, direi quasi un “Barolo da pasto”!
Intendo dire che già ora ha un perchè per essere bevuto. Al naso mostra note evolute di frutti maturi, un bel balsamico e importante tostatura che riporta al tabacco biondo, poi potpourri e spezie dolci. Ha una buona intensità olfattiva, i profumi sono ampi e arrivano ben diretti alle narici.
In bocca il tannino è ancora re, ha tanto grip sul palato e astringe come il Nebbiolo sa fare, ma c’è anche anche una buona dose di acidità ad alleggerire questa astringenza. Sembra un vino più snello e agile in bocca rispetto a come classicamente si intende il Barolo. Ha maggiore salivazione, sempre un buon carico sapido, frutti sottospirito che ritornano in bocca e poi tanta bevibilità. È questo il suo punto forte, la sua innovazione e pregio: è godibile già ora, come se avesse accelerato il suo processo evolutivo.
→ Dopo il classicone piemontese arriva il nuovo che avanza. Guarda un pò che mette d’accordo Italia e Francia!
Langhe Rosso Luigi Einaudi 2013
Piemonte e Francia sono confinanti ma nel vino sono sempre stati un pò antagonisti. Qua sembra che si voglia “fare pace” con i vicini francesi, unendo i propri vitigni in un vino unico. Nel Langhe Rosso compaiono Cabernet e Merlot assieme a Barbera e Nebbiolo – ognuno vinificato separatamente – seguendo percorsi diversi: barrique per i francesi e botte grande per i piemontesi.
Il risultato? Un vino importante che si dimostra tale già al primo impatto con il naso, data la pienezza e l’intensità dei sentori evolutivi che mostrano infinite sfumature. Il balsamico è di casa all’interno dei profumi, con uno spiccato eucalipto che si integra alla perfezione con il ricordo animale del cuoio. Sento tanta prugna secca, mora macerata e marasca sottospirito, poi cioccolato in pezzi, tabacco scuro, liquirizia densa e fiori secchi, ma tutto è legato in modo omogeneo e con grande finezza.
Quanto è ampio al palato, lungo e carico di evoluzione e potenzialità! Mi dà ricordi quasi ematici, un filo ferrugginosi, ci sono tanti frutti stramaturi e poi un tannino splendido, tanto è teso, nervoso, astringente ma anche completo ed integrato nel vino. Ci sono anche freschezza, acidità, equilibrio, lunghezza di gusto, persistenza, finezza. Se cerchi una nota fuori posto è dura trovarla, quindi bevilo e goditelo!
Sbarco in Sardegna, un’isola magica per il vino anche qua al Merano Wine Festival 2018.
Antonella Corda – Serdiana (CA)
Questa giovanissima azienda vinicola ha attirato la mia curiosità, come quella di tanti altri addetti del settore, dopo la vittoria del premio Cantina Emergente 2019 del Gambero Rosso.
Antonella Corda ha creato la propria azienda sull’eredità dei vigneti della madre e dopo gli studi ed un Master in Agraria: la famiglia è nel vino da varie generazioni – la madre è una Argiolas – per cui apprezzo il coraggio di mettersi in proprio e dimostrare le proprie idee. La Sardegna è una terra unica in Italia, non solo per il vino ma per ogni forma di espressione culturale e di tradizione popolare: la lontananza dal continente ha permesso all’isola di distinguersi e crearsi un’identità difficilmente uguagliabile. Lo affermo anche nei vini, soprattutto quando si parla di Vermentino: abito in Toscana e sento parlare spesso – oltre a berne – di Vermentino. Ma il vero Vermentino per me è sardo: tanti discorsi che si fanno invece a Bolgheri, in Maremma o a Luni sono chiacchere portate via dal vento!
Vermentino 2017
È un buon esempio di Vermentino che porta buona intensità olfattiva al naso, con spiccate note minerali e sulfuree che si fanno immediatamente riconoscere. Arrivano anche gli agrumi e la pera, croccanti e tesi, nel loro ideale punto di maturazione che si lega bene alla vena minerale, oltre che al delicato ricordo erbaceo e vegetale che completa l’insieme. È fine al naso, preciso e diretto.
Al palato mantiene quel tratto agrumato che contribuisce a dare freschezza, acidità e salivazione, mentre la sapidità dovuta al terreno sui cui nasce è densa, avvolgente e piena. Ha struttura, è un vino che si fa notare per persistenza e non ha difetti nel proporsi con giusta eleganza al palato.
Cannonau 2016
Quando mi approccio ad un Cannonau rimango sempre affascinato dal suo colore, a metà tra il rosso rubino carico e tendente al granato assieme ad una trasparenza e lucentezza che fanno meraviglia! Il Cannonau 2016 di Antonella Corda segue questa tendenza e già mi piace!
Poi continua a darmi soddisfazioni sia al naso con quell’essere stuzzicante, piacevole e giustamente armonico. Sento equilibrio nei profumi tra fruttato, floreale, speziato e le note evolutive dell’affinamento. Fa poco legno questo vino – circa il 10% della massa totale – ma basta per lasciare una finissima traccia tostata che rende il tutto più elegante.
In bocca poi è così carnoso e salivante che sorprende, in positivo, per la sua bevibilità: questo vino fa parte della nuova generazione di Cannonau tesi, con buona acidità e mai invadenti nella parte alcolica. Il tannino ha una buona presa sulle gengive ma fa passare il ricordo fruttato, così come non impedisce di lasciare un buon ricordo floreale nel finale. C’è sapidità, lunghezza di gusto e molta persistenza. Bel vino!
Siddura – Sardegna
Rispetto ad Antonella Corda siamo nel Nord della Sardegna, in quella Gallura tanto conosciuta e sempre ad alti livelli di qualità quando si parla di vino. Siddura non ha bisogno di presentazioni: per capire chi sono c’è il loro sito aziendale che ti consiglio di visitare. Io ti parlerò del vino, per cui inizio subito!
Fòla Cannonau 2015
Il Cannonau negli ultimi anni ha cambiato pelle, avvicinandosi ai gusti del pubblico e spogliandosi della grossa ruvidità che era il suo marchio di fabbrica principale. Oggi si ha la fortuna di trovare vini più snelli, bevibili e più immediati: anche il Cannonau Fòla di Siddura segue questa tendenza. Per fortuna!
Al naso è equilibrato, pur denotando una valida complessità. I profumi sono ampli, ma bilanciati e in linea tra loro. Frutti neri e spezie leggermente piccanti si fondono con un accenno di tabacco scuro e fini note balsamiche che danno nobiltà a tutto l’insieme. C’è una certa spinta olfattiva, ma non è per nulla invadente: piuttosto resta nei limiti di una finezza che crea un timbro unico.
In bocca è fruttato, pieno e spicca subito la sua freschezza. La bocca saliva in modo importante, questo vino ha una buona sapidità e quel tratto amaricante che è tipico nel Cannonau. Il tannino è evidente, non si può nascondere ma resta comunque ben integrato con le altre caratteristiche del vino. L’acidità c’è, al punto da lasciare una bocca freschissima nel finale. Persistente e molto piacevole. È un Cannonau moderno ma anche un gran vino!
→ Dopo tutti questi vini fermi ma non ti andrebbe un calice di Champagne? Si, c’è anche lo Champagne al Merano Wine Festival 2018!
Gautherot Millèsime 2011
Mi piace subito al naso perchè è diretto, ampio e di buona intensità. Sento nocciole tostate, albicocca disidratata, ananas maturo e crema pasticcera al limone. Ci sono anche agrumi maturi e poi quel leggero tostato del croissant caldo. Mi arriva al naso fine, preciso e con profumi che sono tutti ben integrati fra loro.
In bocca è citrino, spumoso e “spacca” subito l’empasse dell’attesa con un’intensità che però non infastidisce ma sorprende. Quello che conta nell’assaggio di uno Champagne è il suo perlage che qui è cremoso, avvolgente, fine e ricordo la sofficità di un albume montato a neve. È minerale, sapido ma anche lungo nel gusto, riportando tutta la carica citrina e cremosa già sentita al naso per molti secondi. Persistente, piacevolissimo, elegante e invoglia davvero alla beva facile nonostante la sua struttura carica e decisa.
Gautherot Exception Extra Brut
Il tratto somatico dell’ampiezza e complessità olfattiva del Millèsime 2011 sono sempre presenti, ma forse aumenta un pò la personalità e l’evoluzione passata sui lieviti ed in bottiglia. Nonostante il basso residuo zuccherino in etichetta al naso parla un’altra lingua perchè mi lascia ricordi di caramella mou, crema chantilly con una grattata di scorza di limone, pesca sottospirito e ananas dolce, note di camomilla e bergamotto. Tutto questo non può che metterlo nella classifica degli champagne fini, eleganti e di grande personalità. Senza dubbio!
Eccolo invece il contrasto al palato! Entra ancora vivo, croccante e con un sentore agrumato così intenso da lasciare senza fiato. La salivazione iniziale è impattante, limacciosa e introduce un perlage finissimo e di grande spumosità che sembra perfettamente legato al resto del liquido. Ritorna il gusto cremoso ed i fiori gialli, oltre alla nocciola tostata che mi introduce una lieve nota fumè. Intenso, persistente, chiude sassoso più che sapido. Ottimo!
Nicolas Feuilatte Millèsime 2010
Che evoluzione che mi presenta al naso! C’è tanta tostatura e nocciola che creano il primo impatto con la notevole intensità dell’olfatto. Continua ad esprimersi alla grande con un bel sentore di pane caldo, frutti maturi come pesca gialla, banana e ananas maturi. Mi piace tanto la sua mineralità , così come quei ricordi di burro caldo che rendono la sua personalità più “grassa” e corpulenta. Fine, diretto e potente, è uno champagne di grande sostanza olfattiva.
Al palato poi mantiene un alto livello di acidità, nonostante la sua evoluzione di profumi potesse farlo propendere verso lati morbidi e rotondi. L’attacco è citrino, salivante e potente in freschezza: non te lo aspetti e per questo ti lascia interdetto. Va bene così, soprattutto in abbinamento con un perlage fine e delicato che riesce ad esaltare al grande freschezza. Resta tanta sapidità nel palato, ma anche un bel ricordo agrumato, sempre in linea con la dovuta eleganza richiesta in uno Champagne di gran pregio.
Charles Heidsieck Brut Rèserve
Ecco un altro Champagne che fa dell’evoluzione in bottiglia un suo punto di forza. Addirittura evolve verso una mineralità di pietra focaia, poi fieno secco, bergamotto e poi arrivano le note avvolgenti. Ecco il burro caramellato, il profumo del croissant appena sfornato, la marmellata di albiccoca spalmata sopra insieme ai profumi di agrumi maturi di contorno. Quindi una bella complessità al naso condita da tanta finezza.
Mi piace ancor di più quando lo assaggio per il suo modo di essere largo, ampio nel gusto ma al tempo stesso acido, salivante e teso nella sua spalla acida. Questo contrasto tra larghezza di gusto ed evoluzione da una parte con acidità, sapidità limacciosa e tanta freschezza dall’altra è il suo punto di forza, la sua spina dorsale. Lascia la bocca cremosa grazie al suo perlage delicato e perfettamente schiumoso che tocca delicatamente ogni angolo. Finisce con tocco fruttato intenso, tanta persistenza e sempre minerale.
→ Un compito di manifestazioni come il Merano Wine Festival è anche di dare spazio ai giovani del vino: te ne presento uno!
Le Novelire – Toscana
Fabrizio Micheletti di Le Novelire a Bolgheri è l’esempio di chi vuole emergere in un contesto già molto competitivo e conosciuto come la “valle d’oro” della costa toscana. A Bolgheri ci sono grossi nomi, alcuni anche ingombranti per il blasone e la risonanza mediatica che hanno su tutti gli appassionati. Ma quando credi di poterti distinguere e di fare qualcosa di diverso, allora è giusto fare come lui: avanti a testa bassa!
Re Stigio 2016 Bolgheri Doc
Già che c’era Fabrizio ha deciso di puntare su un buon 50% di Sangiovese, insieme al restante di Cabernet Sauvignon e Malvasia Nera. Il Re Stigio 2016 è un vino diretto, concreto e lo dimostra fin da subito per come si apre al momento della degustazione. Trovo nitide e precise varie famiglie di profumi, come la viola per i fiori, la ciliegia e la mora per i frutti, il tostato del legno, le foglie di thè per l’erbaceo e poi le spezie come pepe nero e chiodi di garofano. L’ho assaggiato appena aperto, eppure aveva già una discreta finezza ed equilibrio.
Ecco che l’attacco carnoso dei frutti al palato sorprende e lascia curiosi di scoprire il resto. La freschezza prende possesso della bocca, facendola salivare quanto basta pere bilanciare un tannino ancora deciso, che si muove in cerca di una stabilità che la sua gioventù ancora non gli permette di trovare. Non è fastidioso, dopo qualche secondo si conforma la resto del vino, mettendo in evidenza un’acidità piena di frutto che lascia la bocca invitante e salivante al punto giusto, grazie anche ad un leggero ricordo mentolato. Chiude leggermente terroso, con buona sapidità e lungo in persistenza. Si fa bere bene, invita a rivolerne e questo è un grande complimento!
→ Il mio Merano Wine Festival 2018 non è finito qua! Ci saranno altri articoli, quindi non perderti le altre novità.
di MORRIS LAZZONI
VinoperPassione
il vino è semplice da capire, basta avere passione
26 Novembre 2018. © Riproduzione riservata