Quando sei da Terenzuola, guarda la vallata sottostante e vedrai quella terra compresa tra Toscana e Liguria che si chiama Colli di Luni!
Terenzuola = terra di confine
Le zone che comprendono Terenzuola e le altre aziende vinicole, secoli fa non erano conosciute per il Vermentino dei Colli di Luni, ma per il popolo che le abitava. Erano i Liguri Apuani, ossi duri da sconfiggere anche per i già grandi Romani, come ci racconta Tito Livio negli anni tra il 193 e il 177 a.c.
Oggi quel territorio è conosciuto per una produzione vinicola che sta migliorando sempre più il successo commerciale e il suo livello qualitativo. Parlo di una zona vinicola ancora giovane, visto che la Doc dei Colli di Luni esiste dal 1989, nonostante si faccia vino da molto più tempo: oggi finalmente i risultati iniziano a diventare visibili!
Piccola digressione: peccato che non sia stato pensato nulla di ufficiale per festeggiare i 30 anni della Doc.
In un territorio non molto lontano, come quello di Bolgheri, è stato creato un grande fine settimana di festeggiamenti per i 25 anni della Doc. Si poteva fare qualcosa anche qua? Credo proprio di si!
La cantina di Terenzuola sorge su di una collina/vallata che apre lo sguardo su tutta la Val di Magra sottostante, permettendo di vedere la fine della costa toscana e, risalendo la foce del fiume Magra, guardare dall’alto alcuni territori in cui si produce il Vermentino dei Colli di Luni.
Parlo spesso dei Colli di Luni, ma non dirmi che sono di parte: in fin dei conti ci abito quasi in mezzo! Ti ricordi di quando sono stato invitato all’Anteprima del Vermentino 2018? Se non hai letto l’articolo, clicca qua!
Le origini di Terenzuola e di Ivan Giuliani
Nella cultura popolare/provinciale di un tempo i “forestieri” erano visti in modo strano, soprattutto nei piccoli paesi e nelle cittadine che hanno fatto l’Italia di un tempo. Ivan Giuliani è stato un forestiero nella zona dei Colli di Luni, anche se oggi gode di una pubblica accettazione come imprenditore e vignaiolo.
È arrivato dal Piemonte per ripercorrere le orme dei suoi famigliari e portare avanti un’idea strana, quasi folle, ma che oggi ha del concreto come poche. Nei primi anni 90 si trasferisce dalla regione sabauda e ripercorre i passi dello zio, per fare vino proprio nei Colli di Luni.
Il coraggio del forestiero che arriva nei Colli di Luni e compie scelte di rottura!
“Paese piccolo, la gente mormora” racconta un detto famoso! Lo stesso dicasi in tutte le zone vinicole di questo mondo, o perlomeno dell’Italia nostra. Su questo ti ci metto la firma perché, girando in vari territori italiani, è facile imbattersi in voci di corridoio più o meno maligne.
Appena arrivato Ivan ha fatto subito scelte di rottura, come l’alta densità d’impianto nei vigneti. In realtà è un semplice ritorno ai tempi che furono, quando bastava un bue o un bel mulo per lavorare nei filari. Oggi si usano trattori più o meno costosi, per cui è un pò difficile pensare di creare filari così stretti come quelli di Terenzuola.
Pensa che la densità di piante per ettaro varia dagli 8500 fino agli 11000 ceppi! Di solito nella zona si viaggia su densità intorno alle 4000-4500 piante per ettaro, a volte anche meno.
Questa densità di impianto è giusta o sbagliata? Il Vermentino è una pianta che ha molta vigoria, per cui mettergli un pò di freno a volte fa bene. Quindi se nello stesso ettaro ( 10.000 metri quadrati ) metti più piante, queste diventeranno più competitive fra loro, lotteranno per la sopravvivenza e produrranno meno uva.
Per qualcuno la minore produzione può essere un problema, mentre se cerchi la qualità finale del prodotto, è solo un bene.
Terenzuola non ha certificazioni biologiche, ma porta avanti un’idea quasi biodinamica della viticoltura, in cui si aiuta la pianta ad essere parte integrante dell’ambiente piuttosto che un oggetto da sfruttare. Le teorie della biodinamica applicate all’agricoltura sono state pensate dal filosofo austriaco Rudolf Steiner nel XIX secolo: ancora oggi sono sempre molto attuali, molto attuali viste le problematiche ambientali che stiamo vivendo!
Il tema del rispetto ambientale è sempre più vitale per la nostra società. Qualsiasi operazione che facciamo si ripercuote nell’ambiente: rispettarlo significa anche fare delle scelte importanti. Se bevi vino, bevine uno che è amico del territorio in cui nasce!
I segreti di Terenzuola spiegati da Ivan Giuliani
Sto scrivendo questo articolo in pieno periodo di vendemmia. Ivan ci ha confessato che la sua vendemmia dura circa 40 giorni ( come successo nel 2018 ): ogni operazione è manuale e segue l’andamento di ogni singola parcella, divise tra territori più pianeggianti ed altri più scoscesi.
Si arriva a fare anche 70 vinificazioni diverse, alternando diversi contenitori in funzione del singolo vitigno. L’acciaio si usa per i vini bianchi ( Vigne Basse e Fosso di Corsano ) mentre i rossi vanno in vasca di cemento, oppure in legno come il Canaiolo Nero alla base del vino Merla della Miniera.
Così tante micro vinificazioni servono per mantenere intatte le differenze tra le varie parcelle di vigneto: solo dopo si uniranno le masse per creare i vari vini.
Altra cosa interessante è capire il sottosuolo che si trova nelle colline di Fosdinovo: c’è argilla grigia che parte dai circa 200 metri delle Colline del Sole ( zona meravigliosa che un giorno ti consiglio di visitare ) fino ai 400 metri dei vigneti di Fosdinovo. Siamo ai piedi della Alpi Apuane, la catena montuosa dell’Alta Toscana, nota per l’estrazione di marmo bianco e per essere geologicamente antecedente alle vere e proprie Alpi.
Mettici anche uno scambio termico importante tra giorno e notte, che la vendemmia a Terenzuola si fa sempre tardivamente ed ecco che puoi capire il perché della particolarità dei loro vini. Più tardi te ne parlerò meglio, quindi a breve capirai le mie impressioni.
Ti avevo detto che Terenzuola produce vino anche nelle Colline di Candia?
L’ultimo progetto di Ivan Giuliani è quello di fare vino nelle Colline di Candia, nel versante di Carrara, a cui è legato in virtù delle origini famigliari. “Il Candia” ( così lo chiamiamo dalle nostre parti ) è una zona impervia per fare viticoltura, visto che puoi trovare forti pendenze, le vigne sono quasi tutte terrazzate, non c’è quasi mai spazio per i trattori e bisogna eseguire molte operazioni manuali. Insomma c’è da farsi il mazzo!
Nonostante la zona delle Colline di Candia disti pochissimi chilometri dai primi vigneti dei Colli di Luni, ma non può godere della stessa fama. In passato i vignaioli non sono stati capaci di portare avanti un progetto di qualità diffusa e di comunicazione adeguata, per cui oggi la conoscenza dei vini di Candia stenta ad uscire dalla propria zona di origine. È un peccato, perché il territorio ha un fascino unico e la possibilità di fare ottimi vini ci sarebbe!
Quando si parla di viticoltura eroica e di pendenze elevate, allora le Colline di Candia possono stare tranquillamente nella Top Ten italiana!
I vigneti di Terenzuola nelle colline di Candia annoverano molte vecchie piante. È una fortuna che ci siano, nonostante la difficoltà continua di mantenerle in vita. Ivan ha acquistato i vigneti da pochi anni e dopo una conduzione agronomica non proprio ideale: mantenere in vita piante che hanno sofferto per anni non è semplice.
Prima ti parlavo della possibilità di fare vini di qualità nel Candia, giusto? Ecco uno dei segreti che ha questa zona: tante vecchie piante che producono meno quantità, ma che potrebbero dare uva di grandissima qualità. Basta solo saperle proteggere!
Ci vorrebbero sempre più persone in Italia che puntino alla valorizzazione dei vecchi vigneti, vero patrimonio di una cultura vinicola che si rispetti. In Francia sono molto avanti rispetto a noi.
In Italia invece abbiamo espiantato le vecchie vigne perché producevano poco, oltre che per inseguire quell’inutile record di ettolitri annui come se fosse la panacea di tutti i nostri mali!
Anche nella zona di Candia ci sono vitigni simili ai Colli di Luni come Vermentino, Malvasia o Trebbiano, tanto per parlare di bianchi. Quando invece si parla di vitigni rossi la scelta può ricadere su Sangiovese, Ciliegiolo, Massaretta o Vermentino Nero. Sulla scoperta di quest’ultimo bisogna rendere merito a Lorieri, uno dei viticoltori storici della zona, che lo scoprì nel 1989, aprendo così le strade per una diffusione territoriale ben più ampia.
La degustazione dei Permano, la dedica di Terenzuola al passato di famiglia
Il nome della linea Permano è una dedica al padre Ermano, oltre che un inno alla viticoltura del passato quanto mai odierna ed attuale. La viticoltura nelle zone di Candia non è mai riuscita ad uscire fuori dai confini locali, almeno dal punto di vista della conoscenza diffusa tra il pubblico appassionato. Oggi è il momento di ridare lustro e visibilità ad una zona che ha enormi potenzialità, tutt’oggi ancora inespresse.
Permano Vermentino 2017
Sento tanta materia al naso, con polpa e aromi fruttati pieni e corposi. È un vino frutto di 20 giorni di macerazione sulle bucce e la sostanza al naso si sente in modo potente, quasi scorbutico: rispetta il carattere delle persone e del luogo, entrando perfettamente nei panni di un vino che parla di territorio.
È forte il ricordo delle pesce nostrane, quelle raccolte dall’albero e l’agrumato di un pompelmo maturo e scalpitante. Poi allunga con paglia, ginestra, tocco di zenzero e foglie di thè. Quando lo assaggio risento le stesse sensazioni con pienezza e corpo che la fanno da padrone, ma senza togliere spazio all’arrivo della salivazione e dell’acidità. È un vino quasi salato, è dinamico, si muove bene e non è mai seduto al palato. È vivo, complesso e di spessore aromatico.
Permano Vermentino Nero 2015
Sento profumi scuri e pieni, però mai impattanti ed eccessivi come in certi vini rossi della costa Toscana. Ci sono frutti neri, già ben macerati, che si integrano con l’evoluzione di tocchi tostati e fumè, in cui prevale la forza della liquirizia, il ricordo del ribes nero e del mirto. Nonostante sia potente al naso, non è per nulla grossolano e mantiene una veste discreta. Solo verso la fine sento un leggero e piacevole spunto mentolato.
In bocca è carnoso ed ancora croccante, aldilà della maturazione dei frutti sentita al naso. C’è ampiezza e potenza di gusto, ma sempre senza esagerare e lasciando giuste movenze al liquido. Sento acidità e salivazione che ricordano una verve agrumata e poi un tannino mai esagerato. Mi lascia il finale di bocca un pò terroso, ma anche persistente, piacevole e di beva invitante. È un vino di carattere e di bella personalità!
Permano Canaiolo Nero 2013
Questo è il vino da cui è nato tutto il progetto Permano, la prima annata uscita in commercio. Visto che il cru rosso nei Colli di Luni è dal vitigno Canaiolo Nero ( o Merla ), qual migliore inizio se non con l’uva più significativa della produzione rossa di Terenzuola?
C’è meno vivacità olfattiva e si sente l’evoluzione e la differenza di struttura del vitigno. È più evoluto ed anche più seduto nella grassezza olfattiva, forse frutto anche di un’annata molto calda come la 2003. Tabacco scuro, caffè, frutti surmaturi e quasi in confettura si accumulano e prendono possesso delle narici, sfumando verso un fine ricordo di eucalipto. Dimenticavo: c’è anche un buon ricordo alcolico. Ricordi l’annata calda?
Al palato è avvolgente, più morbido che citrino, mentre non si nasconde nel mostrare il suo lato ruvido del tannino e la compatta forza fruttata che ritorna. Anche qua mi lascia al palato una scia polverosa e manca un pò di acidità. Nonostante tutto è ancora piacevole, nonostante sia una bevuta più complessa e potente rispetto al Vermentino Nero.
È arrivato il momento del Vermentino dei Colli di Luni
Partiamo dall’assaggio del “vino base” di Terenzuola, il Vigne Basse 2018. Anche se è il vino più prodotto e meno costoso dell’azienda, non cala la qualità media che ritrovi negli altri. Il nome deriva dai vigneti posti più a valle e dalla conformazione stessa del vigneto, in cui il primo filo si trova ad appena 50 centimetri dal terreno.
È un Vermentino scolastico, per cui senti i tratti varietali del vitigno: forza agrumata presente ma non troppo intensa, ricordi di erbe aromatiche e fiori bianchi di campo. Al palato tornano gli agrumi, la vena citrina e la giusta acidità di un vino giovane, pulito ma non banale. Mi piace il finale, persistente nel gusto e con il tipico tratto amaricante e di mandorla del Vermentino Ligure.
Ivan parla della vendemmia 2019 che si prospetta come una delle più difficili per Terenzuola. Un pò come quelle del 2002, 2010 e 2014: vedremo il prossimo anno cosa succederà in bottiglia!
Arriva il momento di assaggiare il cru di Vermentino prodotto da Terenzuola, il Fosso di Corsano, che ha dimostrato negli anni di sapere reggere al passare del tempo come pochi nella zona.
Il Fosso di Corsano 2013 è un festival di agrumi canditi e di lemongrass, ci sento la vena idrocarburica, che è il timbro tipico di questo vino, poi erbe aromatiche essiccate, zenzero, ricordi di zafferano e foglie di the verde.
È denso e pieno in bocca, porta un sorso rotondo e carico di sapore, ma comunque sempre teso e nervoso in acidità e freschezza. La piccola traccia ossidativa ( già presente al naso ) ritorna lasciandomi una fine sensazione metallica, prima di introdurre tocchi di idrocarburi, mandorla tostata e agrumi maturi. C’è buona sapidità e l’acidità presente lo manterrà ancora in vita!
Il Fosso di Corsano 2015 è meno spinto sulla nota candita degli agrumi, ma aumentano erbe aromatiche con felce e salvia, oltre a spingere su sfumature di zafferano e buona polpa di susina e pesca, mature ma mai spostate su ricordi troppo dolci.
La componente minerale al palato è evidente, tesa e si incunea in una vena sapida che lascia interdetti per potenza ed ampiezza. Mantiene comunque ancora tanta freschezza, fa salivare e provare il ricordo di un citrino ancora spinto e mai domo. C’è una parte di sentori di idrocarburi, ma prevalgono lime e pompelmo. Bella la persistenza e la sua lunghezza di gusto.
Il Fosso di Corsano deriva da un complesso di due anfiteatri di circa 3 ettari totali, piantati nel 1996 grazie a selezioni massali fatte negli stessi vigneti.
Si arriva all’ultima annata, al Fosso di Corsano 2017. In realtà è già in commercio la 2018, ma questo è un vino che andrebbe bevuto almeno un anno dopo: ecco il motivo per cui abbiamo saltato l’ultima prodotta.
È il più fine e magro dei tre, non perché manchi la sostanza, ma non ha ancora le spalle grandi come gli altri due: il Fosso di Corsano è un vino che vive in bottiglia e che dà soddisfazioni anche a distanza di anni. È ancora in evoluzione e deve trovare la strada definitiva, ma già ora si percepisce la strada che porta a idrocarburi e agrumi ancora croccanti e ben citrini. Non mancano la macchia mediterranea e delicati fiori di prato.
In bocca è tagliente, freschissimo, sembra quasi un vino nordico per il suo attacco salivante. All’ingresso impattante risponde con una consistenza di gusto piena e corposa, che allunga verso vari secondi di persistenza. Porta sempre alta la voce sapidità, ma anche la fragranza di frutti ancora croccanti ed il lato verde delle erbe. Bel vino!
Fine di una degustazione a 360 gradi
Abbiamo chiuso la mattinata ed il pranzo passando al lato più dolce della produzione di Terenzuola, con due annate di Sciacchetrà che Ivan produce nella bellissima cornice delle Cinque Terre. Si intuisce facilmente che è una persona che ama complicarsi la vita, visto che fa vino in alcuni dei territori più difficili ed impervi d’Italia.
Lo Sciacchetrà è figlio di un posto difficile da coltivare, perché su quelle scogliere che vanno a picco sul mare ogni passo va calcolato e preventivato. E qua nascono le uve Bosco, la principale dello Sciacchetrà, oltre ad Albarola o Vermentino che possono entrare nell’assemblaggio.
Ivan ci racconta dei circa cento giorni di appassimento delle uve e poi lascia a noi scoprire la grande bevibilità, figlia di un ridotto residuo zuccherino per un vino dolce ( 120/130 grammi ), ma anche di un sorso acido e salivante che permette di sorseggiarlo senza freni. Ci sono sale e iodio, profumi di macchia mediterranea e tanti canditi ma la bevuta è golosa e continua, pur nel solco di una pienezza e densità non di poco conto.
Terenzuola possiede circa un ettaro di vigneto nella zona di Riomaggiore, una delle famose Cinque Terre, ma è diviso in tanti appezzamenti, spesso anche di soli 300 metri quadrati. Se trovi sul mercato una bottiglia da 375 ml di Sciacchetrà e ti viene proposta a 50/60€, non guardare solo il prezzo e ricordati del mazzo che bisogna farsi per produrlo!
Interagire con i vignaioli serve per capirne anche l’animo più profondo
La giornata da Terenzuola si chiude con belle sensazioni, non solo grazie ai vini bevuti ed al pranzo preparato dallo chef Fernando Lorenzetti del Ristorante La Nò di Montignoso (MS).
Ivan ha parlato a dirotto della propria filosofia produttiva, del modo in cui interpreta il territorio in cui vive e produce, oltre a mostrare il suo lato più umano. Fare il vignaiolo è un mestiere duro e difficile, perché prevede tante variabili, alcune delle quali non si possono preventivare. Nonostante all’esterno possa sembrare tutto bello e luccicante, le difficoltà sono sempre dietro l’angolo: l’annata 2019 lo insegna, con un Maggio disastroso, grandinate e tempo instabile.
Ogni annata è diversa dalla precedente ed ogni zona possiede le proprie caratteristiche climatiche e geografiche. Quando hai fatto tutti i salti mortali possibili per produrre il tuo vino, è lì che ti rendi conto di aver appena iniziato: quel vino va venduto, spedito e, possibilmente, bisogna riscuotere quanto dovuto dai tuoi clienti.
Diciamo che il “mal di testa da vignaiolo” è sempre dietro l’angolo, ma per fortuna ogni calice di vino ricorda a tutti noi il motivo per cui si produce vino ed il perché si ha voglia di raccontarlo!
Ringrazio quindi Ivan Giuliani per la sempre cortese ospitalità e l’agenzia PR Vino di Livorno per l’invito a questa bella giornata di scoperta ed amicizia.
Terenzuola Az. Agricola | Fosdinovo (MS) | Sito aziendale
di MORRIS LAZZONI
VinoperPassione
Il vino è semplice da capire, basta avere passione
30 Settembre 2019. © Riproduzione riservata