Ero indeciso se partecipare o meno a Vinitaly 2023, prima edizione alla quale sarei tornato dopo tre anni di assenza ( forzata o voluta ). Complici le difficoltà sempre maggiori nel trovare alloggi abbastanza vicini alla città ed a prezzi sostenibili da chi non sia un milionario, ho deciso proprio sul fotofinish di andare a Verona.
Essere presente al Vinitaly 2023 è stata una decisione più che azzeccata, sia per il ritorno alla normalità, sia per un’affluenza finalmente calmierata ed incentrata maggiormente su operatori ed addetti del settore vinicolo. L’ultima mia volta a Vinitaly, infatti, era stata nel 2019 ( qua puoi trovare uno degli articoli scritti ).
In questa edizione ho visto molti meno “bevitori di alcol” e molti più professionisti degli anni scorsi, a testimonianza che le strategie attuate da Verona Fiere, con l’obiettivo di alzare maggiormente il livello qualitativo degli astanti, hanno funzionato. Bravi!
Ma cosa ho assaggiato?
Ovviamente con un solo giorno a disposizione non era facile pretendere di dedicarsi a focus diversi, complici anche gli incontri con amici vicini o lontani che hanno, giustamente, sottratto tempo agli assaggi in favore di saluti, risate ed abbracci.
Nonostante ciò ho voluto migliorare la mia conoscenza su areali più lontani e di cui ho minore possibilità di conoscere da vicino storie aziendali e vini.
Prima novità del Vinitaly 2023: San Salvatore 1988
L’azienda San Salvatore 1988 si trova nel Cilento, in una terra in cui produzione di vino ed olio, allevamento di bufali ed agricoltura biologica si uniscono per il rispetto e la tutela degli stessi luoghi che vedono la convivenza tra natura ed intervento umano. Il vino è quindi una chiave di lettura del territorio, così variegato e ricco di biodiversità, dal momento che i vigneti sono sparsi su differenti aree.
Il racconto di questa terra parte da Paestum, dove i vigneti vedono e sentono il mare pur abbracciati dalla protezione del monte Calpazio, prosegue arrivando a Giungano, dove le colline fanno da capolino e la terra si protende e si prepara alla montuosità di Stio, in cui altura e rigide temperature invernali giocano un ruolo fondamentale.
Il Plan di Stio 2022 è un esempio perfetto: un vino da uve Fiano, vinificate solo in acciaio, che al naso porta frutti gialli e tropicali, salinità, pepe bianco, ginestra ed elicriso. Al palato invece è caldo ed intenso, pur con una distensione della freschezza che lascia sorpresi per lunghezza.
Cambia il quadro delle sensazioni con Elea 2019, da uve Greco e con parte dell’affinamento in barrique. Scorza di agrumi, erbe aromatiche essiccate, iodio ed accenni sulfurei, fine tostatura. L’assaggio colpisce con maturità e polposità del frutto, alternando leggeri ricordi fumè a note saline.
Non poteva mancare un Aglianico grazie al Gillo Dorfles 2017. La nobiltà di quest’uva si ritrova fin dai primi profumi, in cui tratti balsamici, frutti neri sottospirito, cuoio, liquirizia, china e tabacco biondo sono nitidi e ben espressivi. La pienezza e la ricchezza del sorso non pregiudicano la beva, pur ben dimensionata e succosa. La tensione acida, il calore, la ricchezza tannica e la fine chiusura di gusto lasciano un ottimo ricordo.
Non posso inoltre esimermi dall’accennare a chi fosse Gillo Dorfles, a cui è stato intitolato l’Aglianico di cui ho parlato poc’anzi. Gillo Dorfles era un pittore, critico d’arte e professore di Estetica all’Università, nonché appassionato estimatore delle terre del Cilento a cui dedicò parte dei suoi disegni, oggi raffigurati sulle etichette delle varie annate di Aglianico.
Cantina Fiorentino: il Salento pugliese che non conoscevo
Un progetto partito anni fa, precisamente nel 1997, per poi allargarsi ed inglobare nel 2014 la cantina Valle dell’Asso su volere dell’imprenditore salentino Pierantonio Fiorentino, già attivo nel settore delle energie rinnovabili e dell’ecosostenibilità. Non sorprende pertanto che Cantina Fiorentino sia un’azienda a conduzione biologica fin dagli albori, facendo della sostenibilità ambientale e del basso consumo di risorse energetiche i propri punti di forza.
La line up portata dalla cantina a Vinitaly 2023 era molto vasta, pertanto ho scelto di assaggiare solo alcuni dei vini presenti. La Puglia ha una lunga storia con i vini rosati ed ecco quindi cosa ne penso del Tripiedi Rosato 2022 da uve Primitivo. I suoi profumi fragranti di piccoli frutti rossi, fiori, spezie piccanti ed erbe aromatiche anticipano un sorso sottile, salivante e mai eccessivo, con ricordi di melagrana e ribes. Un Negramaro interessante invece è Jonico 2020, che alterna profumi mentolati, di frutti di bosco e iodati ad un gusto goloso e succoso, mai eccessivo bensì salivante e dal tannino delicato.
Nivvro 2020 è l’interpretazione scura e noir del Primitivo dall’Agro di Galatina, che profuma di more, mirtilli, alloro, liquirizia, cuoio, tabacco ed eucalipto. Dimensionato in bocca, strutturato e pieno, alterna ricordi tostati a tannino vigoroso dentro un finale scuro da cacao amaro e tabacco.
Parlo infine del Piromàfo 2018, Negramaro dello stesso areale, che compie un anno e mezzo di affinamento in barrique. Profondo e ricco nei profumi, avvolgente e con note carnose, di frutti neri in confettura, tabacco, cioccolato, china, foglie di menta, sottobosco e balsamico. Il tannino in bocca è inglobato nella ricchezza del sorso, che alterna pienezza sapida a note fruttate, senza perdere in dinamismo di acidità e freschezza per un finale lungo e persistente.
Torno in Campania con una visita da Luciano Ercolino
Mentre prima ho svolto lo sguardo al Cilento, ora l’attenzione è tutta per l’Irpinia, terra di vini che adoro e per la quale credo in un futuro ancora più radioso dell’attuale. L’azienda di Luciano Ercolino è situata a Paternopoli, in quella parte di Campania che sembra parlare una lingua diversa rispetto alla costa. Il clima, i terreni, le uve sono diverse ed ogni minima espressione tra un vino ed un altro narra alla perfezione della variabilità di queste zone.
Il Greco di Tufo 2022 ha finezza nei profumi di mela, pera, pesca bianca, fiori di campo e spezie dolci. Si dimostra succoso all’assaggio, sapido e di buona freschezza citrina. Non delude neppure in persistenza. Il Fiano 2022 è più intenso nei profumi, dato il contributo esotico e tropicale di ananas e mango oltre a pesca e mela gialla. Mi è piaciuto il contrasto in bocca tra polpa del frutto e salinità, dentro un contesto bilanciato tra freschezza e struttura.
Infine il Taurasi Riserva 2015, denominato Rajamagra dal Monte omonimo, porta fin da subito al naso tutta la potenza, mista a nobiltà, che l’Aglianico è in grado di creare. Frutti di bosco in confettura, prugna, liquirizia, tabacco, china, foglie di menta essiccate, noce moscata, ricordi fumè. Altrettanto deciso si dimostra al palato, dove riesce a dare spinta e dinamismo ad un sorso comunque pieno e ben strutturato. Il tannino nobile, deciso e mai aggressivo, alza ulteriormente il livello qualitativo.
Etna: altra meta del mio Vinitaly 2023
Quando si parla di produzione vinicola di qualità, oggigiorno non si può sottovalutare la zona dell’Etna, essendo ormai molti i prodotti di eccellenza che provengono da questo areale. Lo stesso si può dire per la quantità di aziende presenti durante la manifestazione veronese, al punto da dover necessariamente scegliere, pur all’interno di un parterre di eccellenza, quali vini degustare e quali no.
Inizio la disamina dell’areale etneo con Antichi Vinai, cantina che fonda le proprie radici sul territorio fin dal 1897, quando la prima generazione della famiglia ( oggi sono arrivati alla quinta ) produceva vino per mercati del Nord Italia e della Francia. Il cambio di passo, dallo sfuso al vino imbottigliato, è avvenuto negli anni 80 con la costruzione della cantina, diventando così tra i primi della zona a credere nel potenziale dei vigneti dell’Etna.
L’Etna Bianco Petralava 2022 è un assemblaggio di 80% Carricante e 20% Catarratto, con affinamento misto tra tini d’acciaio e botti da 30hl di acacia. La delicatezza al naso parla di pesca nettarina, lime, bergamotto e susina bianca oltre a fiori bianchi, pepe e timo. In bocca è succoso, dinamico e di beva invitante, con sapidi contorni che sfumano in un finale citrino.
Il Pelatrava Etna Rosso 2018 mostra subito profumi di frutti rossi, caffè, tabacco biondo, cacao, liquirizia, pepe nero e ginepro. Invitante e piacevole nel suo bilanciamento tra finezza ed intensità. In bocca è vivido, sempre salivante e sciolto nella portata, mentre il tannino si dimostra delicato, ben integrato nel frutto e capace di lasciare il palato fresco e pulito.
Concludo con l’Etna Riserva Koinè 2016, in cui si elevano e si amplificano le sensazioni del precedente Etna Rosso. Confettura di frutti di bosco, prugna, sentori balsamici, tabacco bruciato, cuoio, pasta di cacao, sottobosco e note ematiche. È pieno al palato, caldo e spesso nella struttura, mentre il tannino è evoluto e morbido. Si allunga bene in persistenza, senza dimenticare un’acidità valida per equilibrare la pienezza del sorso.
Un’altra azienda degna di nota è sicuramente Benanti, che può offrire una panoramica produttiva davvero ampia e variegata su molte delle contrade etnee, oltre che una storicità quasi unica. Si deve infatti al fondatore Giuseppe Benanti ( purtroppo scomparso a Febbraio 2023 ) la volontà di investire in maniera lungimirante su di un territorio che, a fine anni 80, non aveva certo la riconoscibilità e la fama che ha acquistato negli ultimi anni.
L’Etna Bianco Contrada di Cavaliere 2021, Carricante in purezza, ha un olfatto agrumato e floreale, sfumando in fieno, pepe bianco, e ricordi minerali. Carico di sapore, ben succoso, largo nella portata ma al tempo stesso sapido, salivante, fresco. Il Contrada Rinazzo 2021 è più sottile al naso: scorza di agrumi, fiori di arancio, mallo di noce e ricordi sulfurei. In bocca è più snello, marcando la bevuta con intensi ricordi citrini ed allungando sempre con buona tensione acida.
Ho scelto due Etna Rosso tra i vari che ho degustato. Parto con il Contrada Dafara Galluzzo 2021, da vigneti posti a circa 700 metri sui pendii del vulcano. Note minerali e sulfuree al naso anticipano ciliegia, arancia rossa, tabacco, pepe nero, foglie di menta ed erbe aromatiche. Il palato è ampio, largo e con tannino diffuso e setoso. L’acidità è vivace, la sapidità è tenace e la persistenza non manca di sorprendere. Il Contrada Calderara Sottana 2021 dimostra finezza e delicatezza con frutti croccanti, floreale ben marcato, cannella, caffè, liquirizia ed erbe di campo. L’assaggio è sciolto, sempre delicato e con un tannino mai sopra le righe della compostezza. Il frutto è polposo, la salivazione è continua e dimostra compiutezza, eleganza ed equilibrio di ottimo livello.
L’ultima tappa del mio percorso alla scoperta dell’Etna l’ho riservata a Terra Costantino, divenuta nel 2000 la prima azienda biologica del comprensorio. Ho iniziato dall’Etna Bianco deAetna 2021, assemblaggio di Carricante, Catarratto e Minnella, trovando un olfatto che apporta profumi di erbe aromatiche, mela gialla, pesca e pepe bianco, ben uniti in una piacevole finezza. Al palato è saporito, carico di agrumi, fresco, salivante, salino e bilanciato.
Sempre interessante anche l’Etna Rosso deAetna 2021, classicamente da Nerello Mascalese in prevalenza e Nerello Cappuccio in piccolo apporto, che alterna profumi di frutti rossi a pepe rosa, legno di sandalo, foglie di tè, viola fresca e arancia. Al palato è delicato, tenue nel tannino ma ben incisivo nel contributo di acidità e freschezza, con una beva continua e golosa tenuta assieme da ricordi sapidi e fruttati.
I due vini più importanti dell’azienda provengono dalla Contrada Blandano, da cui prendono il nome, e sono frutto di una selezione di vecchie vigne coltivate ad alberello. L’Etna Bianco 2018 porta un olfatto più maturo e rotondo del suo alter ego più giovane. Scorza di bergamotto, pesca, mela gialla, mandarino e poi foglie di tabacco, spezie dolci, iodio, noci tostate e lieve accenno di idrocarburi. Al palato entra avvolgente, carico di sapore ma poco dopo si distende con acidità che ricorda la scorza di agrumi, procurando salivazione per vari secondi, accompagnata da lunga sapidità e persistenza notevole.
L’Etna Rosso Riserva 2018 ha eleganza e finezza di profumi davvero notevoli. La maturazione dei frutti è percepibile ma non stanca, alternata da floreale secco, cacao, caffè, leggeri sentori di cuoio, cannella, liquirizia e ricordi fumé: ogni profumo è nitido e ben espressivo. In bocca continua nel filone già dimostrato, integrando bene un tannino fitto, presente e mai eccessivo, facendo di sapidità, salinità e freschezza le proprie carte vincenti. La ricchezza del frutto si percepisce così come la lunghezza del gusto.
Bilancio finale: pregi e difetti del Vinitaly 2023
Ammetto quanto il Vinitaly mi sia mancato, aldilà dei ricordi di code infinite, stanchezza e ritmi frenetici. Al tempo stesso ho ritrovato una fiera che ha continuato nel proprio intento, pur cambiando leggermente nei meccanismi organizzativi. Le presenze sono state inferiori rispetto all’edizione 2019, l’ultima pre pandemia, con circa 30mila persone in meno. Guardando i freddi numeri, verrebbe da pensare che il Vinitaly 2023 sia stato un fallimento, ma non è per nulla così.
Penso che sia da lodare l’impegno di Verona Fiere di far partecipare chi doveva esserci, lasciando fuori parte di pubblico poco utile allo scopo principale della manifestazione. Ho visto molti meni “gruppi di Unni” aggirarsi nei padiglioni al solo scopo di monetizzare il costo del biglietto di ingresso, ingurgitando più quantità di vino possibile.
Si poteva andare nei padiglioni e visitare gli stand senza eccessive code, ritornando così ad una dimensione forse più consona, più professionale e meno caciarona. Vinitaly 2023 ha dimostrato che si può organizzare la più grande fiera del vino italiano, cercando di “limitare i danni” e donando un contesto più adatto ad operatori di settore, veri appassionati e stampa specializzata.
Che sia una nuova strada per le prossime edizioni? Dipende tutto dal vil denaro e da quanto siano mancate quelle 30mila persone sul computo totale degli incassi della fiera. Mi auguro che Vinitaly 2023 possa essere un nuovo punto fermo, da cui ripartire, cercando di migliorare ancor di più alcuni aspetti organizzativi.
Quanto invece possa essere utile una fiera come Vinitaly alle aziende del vino, questo è difficile da dire. Ognuna di loro approccia manifestazioni di questo genere con obiettivi ed intenti diversi, sui quali pesano in maniera sicuramente importante i costi da sostenere per esserci. Conviene ancora essere presenti al Vinitaly?
Io ammetto di non avere più convenienza, dovendo sostenere tutte le spese necessarie, nel farmi un Vinitaly completo: ovviamente sono un free lance e non dispongo di disponibilità proprie delle grandi aziende del vino. Probabilmente molte cantine giovano degli incontri con operatori italiani, buyer stranieri ed addetti del settore ma, come si suol dire spesso, ogni deve far i conti a casa propria!
Il racconto del Vinitaly 2023 non è terminato: scriverò un altro articolo sulla degustazione fatta al Consorzio di Montefalco ed altre con vecchie e nuove conoscenze. Mi raccomando, non perdetelo!
di MORRIS LAZZONI
VinoperPassione
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10 Marzo 2023. © Riproduzione riservata