La visita a Bollinger è arrivata in occasione di un viaggio a Parigi: da qui ho deciso di allungare la vacanza di qualche giorno per una sosta nella Champagne. È stata la mia prima volta nella regione ed in quei giorni ho visitato diverse cantine, come quella di Bollinger ( di cui parlerò in maniera approfondita a breve ), ho girato per vigneti, visitato Reims e la sua splendida cattedrale, oltre a deliziarmi con cene in cui non mancava mai una bottiglia di Champagne, anche da bere in solitaria.
Non mi dilungherò molto sul resto del viaggio, perché questo vuole essere un articolo dedicato solo alla maison Bollinger, alla visita delle cave ed alla degustazione dei suoi champagne; non mancherò comunque di raccontare anche altre tappe del viaggio in seguito. Intanto vi parlo dello champagne preferito da James Bond, visto che dal 1979 ( anno di uscita del film Moonraker – Operazione Spazio ) continua ben saldo il sodalizio tra la celebre serie di spionaggio ed uno degli champagne più iconici sul mercato. Ho avuto inoltre l’onore di partecipare ad un tour privato, tutto in lingua inglese, al termine del quale ho degustato gran parte degli champagne Bollinger: ma delle note di degustazione ne parlerò dopo, altrimenti potrei rovinare la sorpresa.
Bollinger: unione di tradizione, blasone e storia
L’anno di fondazione di Bollinger è il 1829, non una delle Maison più storiche ma una di quelle ancora gestita a livello famigliare; questo è un fattore da annotare, vista la sempre crescente presenza di gruppi finanziari, ricchi imprenditori e fondi di investimento come proprietari delle quote di alcune grandi cantine; basti pensare a marchi celebri come Krug, Dom Perignon, Veuve Cliquot o Ruinart che fanno parte della galassia LMVH. Oggi Bollinger è guidata da un CEO esterno, ma la famiglia resta ben salda nelle quote proprietarie.
Tornando però a Bollinger, tutto nacque dall’intuizione dall’aristocratico Athanase de Villermont, che ereditò dalla famiglia alcuni vigneti nella zona di Ay: all’epoca era vietato ai membri dell’aristocrazia possedere un’attività, motivo per cui Athanase si rivolse a Joseph Bollinger, famoso commerciante di champagne dell’epoca, e Paul Renaudin, profondo conoscitore delle nobili bollicine. Da quell’incontro nacque, forse inconsapevolmente per l’epoca, una delle più iconiche Maison tuttora esistenti, inizialmente denominata come Renaudin-Bollinger.
La mia visita inizia con l’arrivo alla villa, sotto la quale si trovano le cantine della Maison e dietro la quale è possibile ammirare il piccolissimo vigneto da cui viene prodotto il Vielles vignes françaises, che esordì nel mercato con la prima annata del 1969. Chiunque si stia chiedendo se abbia avuto modo di degustarlo, tolgo fin da subito ogni dubbio: purtroppo no, ma è del tutto comprensibile vista la rarità ed il costo di questo vero cavallo di razza. Tornando però al vigneto, in questo fazzoletto di terra Bollinger possiede ancora piante a piede franco, salvate dall’attacco della fillossera di metà diciannovesimo secolo e da cui si traggono i cloni di Pinot nero usati nei vigneti aziendali.
La propagazione della nuova specie avviene attraverso la pratica del marcottage, consistente nel radicare nel terreno un ramo, ancora attaccato alla pianta di origine, in modo che generi un’altra pianta dopo lo sviluppo di ulteriori radici sotterranee. La particolarità del marcottage è anche quella di riuscire a proteggere le nuove radici da freddo e gelate, tipiche nella zona della Champagne, mantenendo inoltre l’originario patrimonio genetico per le future marze.
Il Pinot nero è sicuramente l’anima pulsante di tutti gli champagne Bollinger, oggi arrivato a circa il 60% sul totale dei vigneti, dislocati un pò in tutta l’area delle Montagne di Reims. Circa l’80% delle uve proviene da vigneti Grand Cru e Premier Cru, i cui comuni più famosi sono Ay e Verzenay. Lo Chardonnay proviene principalmente da Cuis, nella Côte des Blancs, mentre il Meunier da Champvoisy nella Vallée de la Marne.
Scendiamo nelle cantine di Bollinger per scoprire tradizione e stile della Maison
Appena sotto la maestosa villa padronale si trovano le gallerie delle cantine, parlando anche dei metodi di vinificazione delle cuvèe di Bollinger. Innanzitutto viene utilizzata solo la prima spremitura, la Cuvèe, quello che comunemente chiameremmo il mosto fiore, per avere la miglior qualità possibile del mosto. Seguirà poi la fermentazione alcolica in legno per le uve dei vigneti Grand Cru e Premier Cru ed in acciaio per i restanti, mentre ogni parcella effettua la fermentazione malolattica. Le botti tra l’altro giungono da Chanson, l’altra cantina di proprietà, che ha sede in Borgogna: le botti vengono dapprima usate per più passaggi per i vini fermi, pertanto non lasciano una propria timbrica sui mosti di champagne in fermentazione.
Le cantine sotterranee di Bollinger nascondono ad oggi quasi 12 milioni di bottiglie, tra quelle ancora sui lieviti e quelle in fase di remuage, il tutto disposto in una lunghezza totale di circa 6 chilometri. Questa è solo una parte, dal momento che esistono anche altre cantine, considerando che ogni anno circa 1 milione di magnum di vini di riserva vengono usati per la produzione della Special Cuvée.
È molto interessante notare come sia le Magnum destinate ai vini di riserva, che le bottiglie che diventeranno Grande Année e R.D. vengono lasciate in sosta sui lieviti con il tappo di sughero e non con il classico tappo a vite, come siamo soliti vedere durante l’affinamento sui lieviti di gran parte di metodo classico in giro per il Mondo. Questa scelta dipende dalla volontà di creare un minimo di micro-ossigenazione all’interno della bottiglia, grazie all’elasticità e permeabilità del tappo di sughero, affinché lo champagne all’interno possa evolversi e creare sfumature inedite.
Una delle esperienze da annoverare tra le più affascinanti che si possano vedere in una cantina, è sicuramente la visione della Galerie 1829, la stanza separata in cui sono riposte tutte le annate di Bollinger, alcune delle quali vanno a ritroso fino agli albori della fondazione della Maison stessa. Poco prima dell’entrata è possibile anche ripercorrere la storia dell’evoluzione delle etichette Bollinger, grazie ad una teca all’interno della quale sono rappresentate alcune delle più antiche, come quelle che riportano ancora il nome Renaudin-Bollinger.
Parlando della Special Cuvée, il prodotto di maggior produzione di Bollinger, è importante specificare come venga creata per comprendere lo stile che questo champagne vuole trasmettere a chi si avvicina, anche senza conoscere altri prodotti della stessa casa, per la prima volta al mondo Bollinger. Circa il 60% della massa totale è composta da Pinot nero, metà del quale affinato in legno e la restante metà in acciaio, poi 25% di Chardonnay e 15% di Meunier. All’interno troviamo una consistente parte di vini di riserva, che provengano da botte oppure da formati magnum che vengono stoccati in cantina.
E a proposito di Magnum credo che sia opportuno non perdersi la visione del video sottostante, dove un cantiniere effettua l’operazione manuale, oggi sempre meno vista quando si parla di numeri e produzioni su larga scala.
È arrivato il momento di raccontare la degustazione
Concluso il giro della cantine ed il racconto della storia di Bollinger, la mia guida mi conduce in sala degustazione per l’assaggio approfondito della gamma vini, partendo dalla Special Cuvée ed arrivando fino all’R.D. Non credevo ci fosse cotanta ampiezza nei prodotti in assaggio, ma una volta messo alla prova dei fatti non potevo certo tirarmi indietro. Non mi dilungherò sulla descrizione di Special Cuvée e Special Cuvée Rosè, non di certo perché non meritassero attenzione quanto per la scelta di concentrarmi sui prodotti più importanti e rappresentativi.
Grande Année 2015 – sb. 06/23, 60% PN e 40% CH, 8 gr/l: complesso, ampio e deciso nel tratto olfattivo, pur mantenendo note floreali, albicocca, papaya e ananas maturi, ricordi di pan brioche, mandorle tostate e rimandi gessosi. In bocca è teso, ha nerbo e acidità pur avvolgendo il palato con materia e sostanza: grasso e generoso al punto giusto, con bollicine integratissime e fini, prosegue tagliente e salivante per lungo tempo.
Grande Année Rosé 2015 – sb. 02/24, 62% PN e 38% CH, 8 gr/l: arriva polposo al naso con frutti rossi, spezie dolci, leggera tostatura da tabacco biondo, crema pasticcera e marmellata di agrumi. Al palato si dimostra succoso, vivo nel ricordo fruttato ma al contempo elegante, suadente nel sorso e di ben percepibile materia. La bocca sa di melagrana e mandarino, le bollicine sono croccanti e vivide, si sciolgono in spuma morbida, prima di concludere con freschezza, salinità e lunga persistenza.
PN VZ19 – 100% Pinot nero, 6 gr/l: naso potente e ben diretto in cui emergono note di mora, ciliegia, pepe nero, vaniglia, legno di sandalo, burro fuso e note di crosta di pane leggermente tostata; comunque elegante e mai eccessivo nella portata. All’assaggio dimostra potenza e larghezza di sorso, bilanciate da freschezza a non finire, tensione acida vibrante e perlage sostanzioso nella dimensione tattile. Lunghezza aromatica, sapidità e finale fruttato mettono la firma finale.
R.D. 2008 – sb. 10/23, 71% PN e 29% CH, 3 gr/l: qua si entra in un Mondo separato e non sempre facilmente comprensibile da chiunque. R.D non è uno champagne facile, questo si sa, ma per chi ne è appassionato può diventare un’ossessione. Voluto fortemente da Elisabeth Bollinger, grande appassionata di champagne vintage, a cui venne l’idea di un degorgment tardive di alcune annate di livello della Maison; da qui partì il progetto Récemment Dégorgée. Facendo un rapido conteggio degli anni, l’attuale 2008 ha avuto una sosta sui lieviti di circa 14 anni.
Volume, ampiezza e maestosità dell’olfatto non si misurano, all’interno di contorni lievemente ossidativi che rappresentano un pò la caratteristica distintiva di questo champagne. Scorza di agrumi, albicocca disidratata, pesca sciroppata, tabacco, cuoio, crema pasticcera, burro, mandorla tostata, zenzero e zafferano sono solo alcuni dei profumi riconoscibili. In bocca è quasi iodato, tanta è percettibile la salinità, con perlage finissimo ma al contempo presente e di tangibile volume. La flessione metallica del sorso è bilanciata da altrettanta pienezza e matericità, come sono notevolmente percepibili lunghezza, sostanza e sapidità; chiusura che vira verso toni noir. Infinito e maestoso nella persistenza.
di MORRIS LAZZONI
VinoperPassione
Il vino è semplice da capire, basta avere passione
11 Dicembre 2024