Posso avere la carta dei vini per cortesia?
ndr: articolo aggiornato a Giugno 2021
Più o meno è questa la domanda che viene fatta dai clienti di winebar, enoteche o ristoranti quando si siedono a tavola. In verità sarebbe carino che fosse il cameriere o l’oste a portare di default al tavolo la carta dei vini, ma ora non vorrei sembrare troppo puntiglioso. In questo articolo fornirò alcune indicazioni per creare una carta dei vini corretta e in linea con gli obiettivi del proprio locale.
Darò consigli pratici da mettere in atto fin da subito per affinare una carta già esistente oppure per crearne una nuova senza fare danni. Quando ci si approccia alla scelta ed all’acquisto dei vini per una carta, si possono spendere anche cifre importanti: per questo motivo è opportuno capire come investire bene il proprio denaro senza rimorsi o perdite ingenti. Prima però mi sento di dare due suggerimenti generici, anzi due segreti.
Il primo segreto è avere passione per il vino
Svelo subito il primo segreto che sta alla base di una carta dei vini: la passione!
Tutto il resto viene dopo, molto dopo. Garantisco che la passione per il vino è fondamentale per creare una carta dei vini a prova di appassionato. Se c’è passione per il vino si vede appena si apre la lista dei vini; se invece non c’è diventa triste continuare il pasto. Non mi piacciono i ristoranti che snobbano l’importanza del vino: il vino fa parte della nostra cultura e della nostra tradizione, per cui un ristorante che non lo valorizza è come se non volesse accettare un caposaldo dell’enogastronomia italiana!
La competenza in materia aiuta sempre: chi sa, riesce meglio
Il secondo segreto è la competenza! Se chi fa la carta dei vini non è competente, il risultato sarà penoso. Posso garantire che si vede, almeno da persone che hanno un occhio interessato alla materia. Qual è il rimedio? Iniziare a capire qualcosa di vino!
Il vino è un alleato del cibo e non un complemento di poco conto ed accessorio. Per un vero appassionato un pasto senza vino è un mezzo godimento: a chi non ha passione per l’enogastronomia consiglio di farsela venire oppure di cambiare mestiere. Qualcuno è stato costretto in seguito all’emergenza Covid-19, mentre per altri sarebbe bene che lo pensassero a prescindere da crisi economiche o pandemie. Ho visti troppi ristoranti ed enoteche aperti sull’ali dell’entusiasmo e senza i requisiti minimi di formazione ed esperienza: ci sono tanti altri mestieri oltre al ristoratore. Pensiamoci!
Ed ora la guida da seguire per creare una carta dei vini adatta ad ogni tipologia di ristorante
1° consiglio: le dimensioni non contano
È inutile avere centinaia di vini se non c’è un ragionamento oppure un metodo che ha portato a costruire quella carta. La quantità significa poco o nulla, se i vini sono buttati sullo scaffale o nella cantinetta frigo senza aver fatto una scelta in funzione del locale, del menu e del target di pubblico di riferimento.
Ho visto molti ristoranti o wine bar spendere migliaia di euro in vino senza che ci fosse un reale progetto di assortimento, un ragionamento di convenienza e fattibilità dell’investimento, oppure semplicemente di corrispondenza con la propria offerta od il proprio pubblico.
Quindi pensare e ragionare prima di comprare importanti quantità di vino è fondamentale per scegliere e programmare gli acquisti, affinchè la carta dei vini sia economicamente sostenibile, sopratutto in periodi di forti difficoltà come quello dell’era Covid. Ecco perché sostengo che non sia importante avere 50 o 300 vini in carta: se è ben pensata e fatta bene, preferisco una carta da 50 vini che una raffazzonata da 300.
2° consiglio: controllare sempre quanto scritto nella carta dei vini
Quando trovo una carta dei vini con errori grammaticali, di battitura oppure figlia dell’ignoranza la considero un enorme danno per quel locale. Non commettere errori e controllare più volte dovrebbe essere il minimo che si possa fare per non cadere in pericolose derive comiche. Quindi cosa scrivere nella carta dei vini? La completezza d’informazioni varia anche in funzione della tipologia di locale, ma anche dalla capacità del personale di poter sopperire a quanto non scritto sulla carta.
In un’enoteca mi aspetto descrizioni complete con nome produttore, nome del vino, denominazione, annata, uvaggio e gradi alcolici. In un ristorante bastano meno dati ma l’importante è che siano sempre scritti bene, chiari, semplici da leggere e piacevoli alla vista. In più ti consiglio di curare la grafica, creando una lista dei vini comprensibile, nitida e ben impaginata.
È ovvio che non si possa raccontare vita, morte e miracoli di ogni vino, scrivendo tutte le informazioni. Però ci sono dati che possono essere riportati, magari ricorrendo a simboli od icone che diano qualche spunto in più rispetto a quanto detto poco fa.
Un esempio? Per fortuna nelle carte dei vini stanno arrivando sempre più vini attenti alla sostenibilità ambientale e che appartengono alle categorie dei vini biologici, biodinamici o naturali: potrebbe essere utile specificarlo in carta facendo uso di simboli, a cui ovviamente abbinare una legenda iniziale, che dicano subito a colpo d’occhio se quel vino appartiene ad una determinata categoria.
3° consiglio: la carta dei vini è in linea con il tipo di locale?
Di che tipo di locale stiamo parlando? Continua ad essere in linea con i propositi iniziali oppure durante il tempo ha cambiato pelle? Il vino che è in vendita al ristorante deve essere in filosofia con il menù e l’offerta gastronomica. È una bisteccheria oppure un ristorante che fa solo pesce di fronte al mare? È una trattoria tipica oppure un locale che punta su una cucina internazionale?
Se non è chiaro l’indirizzo che deve avere il proprio ristorante, perfino un’ottima carta dei vini potrebbe essere fuori luogo o poco adatta. Penso sopratutto all’abbinamento cibo vino ed ai suggerimenti da seguire per fare un giusto pairing. Andando oltre il consiglio démodé del vino bianco con il pesce e del vino rosso con la carne, aprire la porta all’universo dell’abbinamento significa entrare in un contesto dove cibo e vino vanno di pari passo e si equilibrano, sia in complessità di sensazioni quanto in struttura al gusto ed all’olfatto.
Alcuni piatti richiedono vini più leggeri, meno complessi e più semplici, mentre altre preparazioni culinarie esprimono il massimo quando hanno al proprio fianco un vino importante, elegante e di rilevante spessore. Se non si vuole cadere nell’errore ( economico e gestionale ) di avere una carta dei vini infinita, meglio quindi scremare l’elenco e mantenere perlopiù i vini che abbiano una logica in funzione del menù presentato. Come scegliere questi vini? Si ritorna al punto iniziale: o si ha una conoscenza tale da poterlo far da soli, oppure ci si affida ad un professionista che consigli i giusti passi da seguire.
Leggi anche: chi è in cerca di suggerimenti, potrebbe consultare un altro mio articolo ( leggi qua )
4° consiglio: vini regionali o nazionali?
Non esiste una riposta definitiva e generalmente direi che dipende dallo stile del locale. In una trattoria che fa cucina tipica, è preferibile puntare su vini locali che potrebbero adattarsi meglio ai piatti. Capisco che essere in Piemonte o Toscana dia maggiori possibilità di scelta, ma in ogni regione italiana ci sono bellissimi vini da mettere in carta. Ogni singola zona offre una varietà di piccoli produttori, di artigiani o di brand affermati che possono far al caso di una carta che valorizzi le eccellenze del posto.
Però attenzione a una cosa: nulla vieta di puntare anche a vini fuori dal territorio, sempre che vengano scelti in funzione del menù. Chi invece fa cucina nazional-popolare dovrebbe considerare varie regioni italiane, in modo da soddisfare tutte le esigenze e dare voce anche a produzioni di nicchia, alternate a quelle delle grandi zone del vino italiano.
Tutti i miei consigli valgono se in sala c’è un Sommelier o qualcuno che sappia consigliare il vino. Se il cliente viene lasciato solo nella scelta, allora è il caso di ripartire dall’ABC della ristorazione.
Mi chiedo spesso come mai molti ristoranti non capiscano l’importanza di avere personale qualificato che consigli al meglio il cliente. Non credo esista una riposta univoca e che la motivazione sia da ricercare in diversi fattori scatenanti: forse i ristoratori non comprendono l’importanza del vino? Ci sta. Forse credono che una persona addetta al vino costi troppo, dimenticando le ricadute positive che potrebbero esserci sugli incassi? Ci sta anche questo; intanto il servizio di sala soffre e diventa sempre più carente in competenza e professionalità.
La verità assoluta è difficile da trovare, però penso che chiunque lavori in un ristorante debba avere alle spalle una buona formazione enogastronomica. Nessuno pretende che un cameriere possa avere la conoscenza totale di tutta l’enologia mondiale, ma credo sia opportuno che padroneggi quel minimo la materia in modo da consigliare al meglio gli avventori.
Se proprio non si ha voglia di fare un corso da sommelier, basterebbe iniziare da un corso di avvicinamento base oppure dall’autoformazione. Mi sento di dare un consiglio a chi lavora in sala, qualora il titolare del ristorante non provveda alla sua formazione. Per capire il vino in profondità e conoscere cosa vendere è giusto andare per gradi: potrebbe essere utile iniziare a conoscere una decina di vini alla volta, magari capendo fin da subito quali sono più adatti ad un piatto piuttosto che ad un altro, per poi continuare a studiare e comprendere altri. E così via fino a quando non si impara a conoscere perfettamente tutta la carta dei vini. Sembra più facile così, vero?
5° consiglio: i vini internazionali?
Qua si apre un altro mondo, anzi più mondi in cui avventurarsi. Partendo dalla Francia, nostro diretto concorrente e anche maestra nel vino, fino al nuovo mondo ( Cile, Argentina, Nuova Zelanda, Cina, ecc ) ci sono migliaia di vini da prendere in considerazione. In Italia siamo ancora restii nella valorizzazione dei vini esteri, soprattutto se provengono da altri paesi ad esclusione della Francia. Abbiamo ragione oppure torto? Difficile dirlo, ma in un mondo che diventa sempre più globale anche il vino non può sottrarsi ai cambiamenti.
Da una parte potremmo dire di avere ragione perché siamo un paese dalla grande tradizione vinicola, ma è altrettanto vero che tanti paesi si stanno affacciando in modo serio al mondo del vino. Perché non inserire questi vini in carta? Può essere anche una sola pagina, in cui indicare una decina di vini del nuovo mondo, ben selezionati in funzione del menù proposto.
6° consiglio: quanti vini mettere in carta?
Ne parlavo anche all’inizio dell’articolo: mettere tanti vini slegati dalla cucina e dalla tipologia di ristorante, non ha senso! È meglio puntare su una selezione di qualità, ragionata e in linea con lo stile culinario. Lo dico anche per ovviare ad una critica che spesso viene fatta riguardo al costo di acquisto del vino. Ovviamente se si compra tanto vino, spesso anche inutile e fuori logica rispetto a quanto possa servire, va da sé che i costi per il suo approvvigionamento saliranno.
Il vino non deve essere visto come un costo, oppure come un capitale immobilizzato, come spesso accade per molti ristoratori. Il fatto che il vino possa sembrare un capitale immobile deriva principalmente da due fattori: l’essere meno deperibile di altri prodotti e l’avere una permanenza temporale in magazzino superiore alla media degli altri prodotti.
In considerazione di ciò il vino non può essere trattato come si fa per un alimento a breve deperibilità: sicuramente ci saranno periodi in cui la spesa del vino sale, conseguentemente allo stoccaggio di magazzino, ma ciò servirà per far fronte a periodi di vendite maggiori. Non consideriamo il periodo di chiusura affrontato in seguito alla pandemia da Covid-19, ma pensiamo con positività al ritorno verso la normalità di tutto il settore ristorazione e turismo.
Si parla di una trattoria che fa cucina tradizionale? Potrebbe avere anche solo 20 vini e fare bella figura, se questi vini sono giusti per il menù. Magari anche spostati sul km 0 o sul locale, proprio per valorizzare un abbinamento cibo vino che parli in prima persona del territorio in cui sorge la trattoria.
Nel caso di un classico ristorante che propone cucina variegata, che spazia dalla carne al pesce, senza un preciso legame territoriale invece? La selezione di vini dovrà essere più ampia, toccando varie regioni italiane e differenti tipologie. Anche solo rimanendo all’interno dei confini nazionali, la cucina italiana offre davvero tante soluzioni diverse e non solo per la dinamicità dell’offerta, ma anche per come i singoli prodotti vengono elaborati.
7° consiglio: togliere un pò ai grandi e dare spazio ai piccoli
Lungi da me di farne un discorso di classe sociale o di disponibilità economica. Voglio solamente porre l’attenzione sull’estrema varietà che può offrire il mercato del vino, anche nella scelta dei produttori ancor prima che dei loro vini. Molti ristoratori fanno incetta di grandi etichette e di produttori conosciuti, molte volte a scapito dei piccoli e degli artigiani del vino.
L’Italia è il paese che ha il maggior numero di vitigni al mondo, eppure il pubblico chiede spesso i soliti vini. Sta proprio qua la bravura del ristoratore e dell’oste nel consigliare al meglio i propri clienti o di farlo fare al proprio personale di sala.
All’inizio parlavo di quei ristoranti in cui trovo una carta dei vini tristissima con i soliti nomi noti ormai triti e ritriti; dare la possibilità a un appassionato come me di guardare la tua carta dei vini con ammirazione e capire che c’è stato un lavoro di selezione e ricerca dietro quelle pagine, queste sono soddisfazioni!
Inserire sempre e solo i soliti nomi dell’enologia italiana pone su un livello ormai troppo scontato. Ci sono artigiani del vino che creano grandi vini ed aspettano solo di avere una possibilità per farsi conoscere: ce ne sono sia all’interno dei cataloghi delle principali distribuzioni italiane sia in vendita diretta. Serve solo tanta voglia di studiare, degustare e capire se quei vini fanno al proprio caso.
Osare, stupire e colpire l’attenzione del cliente può essere ostico, ma chi ci riesce alza il livello della qualità
Chi costruisce una carta dei vini così, si condannerà alla mediocrità per la vita eterna. Ciò che si vede in foto è un semplice foglio, tra l’altro di un locale che si dà belle arie in una famosa località della costa toscana, qualora serva la dimostrazione che non sono il luogo, la location od il posizionamento marketing a fare qualità ma le scelte compiute dalle persone che ci lavorano!
8° consiglio: il vino non ha un solo colore
Si parte dal vino rosso fino al vino bianco, passando per il vino rosè. Non bisogna dimenticare le bollicine, i vini passiti, come sono altrettanti i vini liquorosi. Poi però si entra anche nel campo da gioco dei vini macerati, dei vini biodinamici e naturali: quelli non li consideriamo?
Non è moda, è una tipologia che merita davvero un grandissimo rispetto perché ci sono vignaioli che stanno dedicando la vita per creare delle vere opere d’arte in bottiglia. Sono cosciente del fatto che qua serva tanta voglia di mettersi in gioco, il più delle volte andando in prima persona alla ricerca di quel produttore particolare che può fare al caso nella nuova carta dei vini.
Ci sono tante varietà nel vino: come mai non le trovo nelle carte dei ristoranti?
Andare per cantine, girare i vigneti e parlare con i vignaioli sono bene che richiede voglia, tempo ed anche soldi: però è un esercizio utile, nonché fondamentale, per trovare le chicche giuste che possono stupire i propri clienti.
Parlando di vini rosati o passiti mi sono quasi rassegnato all’idea che ai ristoratori italiani non piacciano i rosé, perché la presenza nelle carte è quasi sempre bassa per non dire nulla. Non parlo poi dei passiti o dei liquorosi: qui in Toscana abbiamo la tradizione del vin santo, ma vederlo usato al posto del latte per zupparci i cantuccini mi lascia con lo sguardo perso nel vuoto!
Solo a me sembra anormale che ogni vino che abbia bollicine venga chiamato Prosecco o Prosecchino? Esiste una grande differenza tra metodo classico e metodo Martinotti e va indicato espressamente nella selezione dei vini, evidenziando le differenze. Come ordinarli? Si può farlo in vario modo: in base al vitigno, alla zona, all’affinamento ma va anche specificato bene il metodo di produzione. Il consiglio è quello di iniziare dalla bollicine metodo Martinotti e poi passare a quelle metodo classico, magari dividendo le due sezioni. Se i vini in questione sono pochi, è possibile inserirli anche tutti nella stessa pagina, sempre rispettando l’ordine e sempre dando evidenza della tipologia.
Solo i detrattori dei vini biodinamici o naturali stanno rovinando la reputazione e gli intenti nobili di una categoria che merita tutto il mio rispetto. Nella mia carriera ho bevuto ottimi vini naturali e sono sempre più convinto che debbano avere un posto di rilievo in una carta dei vini che si rispetti. L’importante è imparare a conoscerli, avvicinandosi senza pregiudizi, cercando di riconoscere quelli fatti bene dagli altri che presentano difettosità.
9° consiglio: rendi leggibile la carta e dai assistenza al cliente
Una carta dei vini bella, pulita, lineare e scritta bene è un biglietto da visita importante. Stessa cosa vale per il menù oppure per tutti gli altri dettagli che possono differenziare dalla concorrenza. Prima consigliavo di assistere il cliente, ma attenzione a non fare l’errore opposto: assillarlo con l’onnipresenza!
Bisogna intuire chi si ha di fronte, così si capirà quando permettersi un consiglio maggiore oppure lasciar scegliere in solitaria. Quando si viene chiamati in causa, è fondamentale essere preparati! Dopo tutto il lavoro di creazione della carta, è illogico cadere nella trappola di non conoscere i vini che si vendono.
La carta dei vini è una creazione personale, oppure del professionista a cui ci si affida per la consulenza. Non sono ammesse brutte figure e dimostrare di non conoscere i vini è la peggiore disgrazia che possa capitare. La soluzione è semplice: studiare e far studiare anche il personale di sala addetto al servizio. La formazione è anche un bagaglio di conoscenza che nessuna crisi, neppure una così importante come quella che abbiamo appena vissuto, potrà mai sottrarci.
10° consiglio: tutti i vini in carta devono essere presenti in cantina
L’ho messo per ultimo ma dovrebbe essere un dogma imprescindibile per ogni locale che si rispetti! Se in carta è riportato un vino, quel vino dev’essere presente. Stop alle scuse!
Immaginiamo una scena melodrammatica: se non è disponibile una decina di vini che sono indicati in carta, si fa dire dal cameriere o al Sommelier ad ogni tavolo che quei vini non sono disponibili? Mi sembra una soluzione a dir poco pratica, oltreché poco professionale e fuori luogo per un ottimale svolgimento del servizio.
Peggio ancora è comunicarlo dopo che il cliente ha scelto, creandogli una delusione per la mancata realizzazione della sua scelta. Se questo capita a chi come me che spesso sceglie il vino e poi i piatti, diventa un autogoal difficilmente rimediabile.
Quindi qual è la soluzione? Controllare quotidianamente la cantina e programmare gli ordini in modo da non andare in rottura di stock! So che non è semplice, ma fare ristorazione in modo professionale non è uno scherzo. Che piaccia o no i momenti di crisi hanno solo un beneficio: togliere di mezzo chi non sa lavorare e lasciare più spazio ai veri professionisti.
Controllare lo stock della cantina è fondamentale! Lo so che lo sai, ma lo fai?
Siamo arrivati alla fine. Ci sarebbero ancora tante altre cose da dire sulla carta dei vini perfetta, ma diventerebbe davvero lungo. Le variabili sono tante, ma andrebbero affrontate singolarmente caso per caso.
Segui il mio blog e leggi altri articoli che possono chiarire come realizzarne una perfetta. Se hai apprezzato i miei consigli e questa GUIDA PER CREARE LA CARTA DEI VINI ti sembra utile, allora CONDIVIDI il mio articolo sui social, così facendo potrai aiutare altri colleghi a capirne di più.
di MORRIS LAZZONI
VinoperPassione
Il vino è semplice da capire, basta avere passione
31 Marzo 2018 ( aggiornato al 24 Giugno 2021 ) – © Riproduzione riservata