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Il vino non si fabbrica, si fa!

Come si fa il vino in vigna

Uno spot pubblicitario di qualche anno fa parlando di un formaggio diceva ” Non si fabbrica, si fa”. Anche per il vino di qualità potremo dire la stessa cosa. Ovviamente non parlo di vino in brick. Quello per me non è vino, ma acqua colorata. Il vino può essere rosso, bianco oppure rosé e qualche differenza nel modo di vinificarlo c’è. Vediamo quali sono!

Vuoi capire come si fa il vino?

Ovviamente si parte dalla vendemmia! Da Nord a Sud Italia, oppure a seconda dei vitigni che si vanno a vendemmiare, cambia il momento in cui staccare il grappolo dalla pianta per motivazioni legate perlopiù al clima ed al grado di maturazione dell’uva. La vendemmia parte in Agosto in Nord Italia per le bollicine di Franciacorta o Trento Doc e può finire a Novembre in Sicilia. Qualsiasi uva si vendemmi è sempre importante trattarla bene. Meglio se raccolta a mano e non a macchina, non rovinarla quando la si ripone nelle cassette e portarla in cantina prima possibile per essere pressata.

Un’uva sana permette di usare meno sofisticazioni ed operare meno correzioni al vino, lasciando “parlare” la materia viva in bottiglia.

Sapevi che il vino si fa con l’uva?

È una domanda provocatoria, lo so! Ma a volte ho sentito parlare a sproposito riguardo alla materia da cui deriva il vino. Il vino si fa dall’uva, non ci sono altre strade. Poi ci sono aziende vinicole che riescono a raccogliere un’uva di maggiore qualità o meno, oppure chi la tratta in modo migliore o peggiore, ma non ci può essere dubbio sull’origine e la derivazione del vino dall’uva.

Oggi si parla anche di vino biologico, biodinamico o naturale come nuove frontiere del rispetto della natura e dei frutti che ci concede, uva compresa. Io sono in linea con i concetti di rispetto e valorizzazione della natura, a patto che non sia fatto per moda quanto per una vera presa di coscienza. E credo altrettanto che chi “cavalca l’onda” del vino biologico, biodinamico o naturale lo debba fare con una decisa convinzione e non per semplici ragioni commerciali.

Oggi c’è maggiore attenzione alle tematiche legate al rispetto dell’ambiente, cosa sana e giusta, ma questa tendenza applicata al vino non deve fare passare in secondo piano una certezza incrollabile: IL VINO DEV’ESSERE BUONO E FATTO BENE!

Non è corretto giustificare difetti, problemi o mancanze del vino dietro la scusa “è un vino biodinamico” oppure “è un vino naturale”. Chi si giustifica in quel modo è un produttore che non ha fatto ( oppure non è capace di fare ) le azioni giuste per portare in bottiglia un vino di grande qualità!

COME SI FA IL VINO: c’è solo uva o anche altro?

Nel vino spesso non c’è solo uva  ma anche altri componenti. Sono presenti in quantità più o meno elevate, a seconda della scelta del vignaiolo di turno. Nel vino puoi trovare altre sostanze di derivazione naturale oppure di origine chimica, alcune più salutari ed altre meno. Non voglio spaventarti, semplicemente metterti di fronte alla vera realtà dei fatti, che non sempre è bella e avvolta in una “soffice nuvola rosa” come nelle fiabe.

Ti mostro un’immagine che è chiara e limpida più di mille parole!

come si fa il vino

Questo è la foto migliore per rappresentare cosa si può fare, o non fare, nelle varie tipologie di vino, partendo da quello convenzionale fino al vino naturale. Non voglio entrare nello specifico di ogni componente ( naturale o chimico ) che vedi scritto all’interno della bottiglia raffigurante il vino convenzionale: capirai bene che parlando di tutti quegli elementi ne uscirebbe un libro di enologia. Mi piace immaginare che la foto ti stuzzichi l’idea di capire COME SI FA IL VINO che bevi: una volta che hai preso coscienza di ciò, allora sarai più sicura/o nel capire se un vino sia ben fatto o meno.

Adesso guarda bene le foto e cerca di notare che c’è un’unica costante in TUTTE le tipologie di vino: l’elemento che ritrovi sempre, in quantità più o meno elevate, si chiama ANIDRIDE SOLFOROSA, meglio conosciuta con la dicitura SOLFITI.

Spesso i SOLFITI vengono additati come nemici del vino o come amici del famoso “mal di testa” post bevuta. Facciamo chiarezza e cerchiamo di capire se sono veramente un nemico del vino oppure se è il caso di rivalutarli!

I solfiti sono i nemici del vino?

Bene, saltiamo qualche passaggio e partiamo dal mosto che abbiamo ottenuto spremendo le nostre uve. Quindi come si fa il vino? Nella maggior parte dei casi deve essere stabilizzato oppure corretto o solo reso più limpido. Quanto intervenire sul mosto dipende innanzitutto dal modo di lavorare di ogni cantina, infatti ci sono vari modi che possono interferire più o meno con il mosto al naturale. Quando si parla di stabilizzazione entra in gioco l’anidride solforosa, una sostanza gassosa aggiunta al mosto sotto forma di metabisolfito di potassio che ha capacità antiossidanti e antisettiche, aiutando a ridurre l’imbrunimento del mosto, rendendolo più chiaro e riducendo la possibile proliferazione di lieviti e batteri selvaggi.

Sapevi che ci sono alimenti che hanno quantità di solfiti nettamente superiori al vino? Parlo di SUCCHI DI FRUTTA, PATATINE FRITTE, ZUPPE CONGELATE o FRUTTA SECCA! In questi casi potresti avere anche DECINE di volte la quantità di solfiti contenuti nel vino. In quei casi NON è obbligatorio scriverlo in etichetta, nel vino si. Ecco la differenza fondamentale!

Per legge esiste un limite all’utilizzo della “solforosa” che, nonostante porti vantaggi nel trattamento del mosto, ha anche comprovati effetti collaterali in soggetti allergici.

LIMITI: 150 mg/litro per i vini rossi, 185 mg/litro per gli spumanti e 200 mg/litro per i bianchi e rosati

Ci sono molte cantine, ovviamente, che usano anidride solforosa in quantità molto più basse del consentito oppure non la usano proprio producendo vini che riportano la dicitura “senza solfiti aggiunti”. Bisogna anche ricordare che i vini BIOLOGICI, BIODINAMICI o NATURALI permettono un uso di solfiti di gran lunga minore rispetto al tetto massimo consentito dalla legge. Tanto per farti capire di cosa stiamo parlando, un vino rosso biodinamico può avere un massimo di 70 mgr/litro. Tolto di mezzo l’argomento solfiti, adesso arriva il momento di capire seriamente come si fa il vino!

Come si fa il vino: gli zuccheri sono gli osservati speciali

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Ma il mosto come e grazie a cosa diventa vino? Grazie a molti componenti che fanno una loro piccola comparsa nella scena della fermentazione alcolica: è alla fine di questa danza naturale che dal mosto si può ottenere un bellissimo vino. Questi attori si chiamano zuccheri, acidi, polifenoli e lieviti. Ognuno ha la sua parte, equamente importante, per avere un risultato finale che non assomigli ad acqua zuccherata e colorata!

COME SI FA IL VINO rosso, bianco o rosè?

ZUCCHERI: sono contenuti naturalmente nell’uva o talvolta possono essere aggiunti per aumentarne la quantità e sono i responsabili del tenore alcolico del vino. Più zuccheri contenuti o aggiunti ci sono, maggiore sarà il tenore alcolico finale del vino. Parlo dell’aggiunta di zucchero perché la correzione del grado zuccherino è una delle pratiche più diffuse per correggere il mosto. In Italia non si può aggiungere zucchero puro ( come invece è permesso in Francia ) ma la soluzione più comune è aggiungere MCR, mosto concentrato rettificato.

COS’È L’MCR? Un mosto fatto evaporare e catturato sottoforma di concentrato d’acqua e zucchero. Oggi sempre più aziende iniziano a sfruttare solo gli zuccheri presenti naturalmente nell’uva, lavorando con maggiore attenzione e cura per trarre il massimo dagli zuccheri naturali e ottenere un vino meno elaborato e rispettoso dell’uva da cui proviene!

Da cosa dipende la quantità di zucchero presente nell’uva? Dipende dal suo GRADO DI MATURAZIONE. Un’uva più matura conterrà più zucchero, rispetto ad un’uva che non ha ancora raggiunto il giusto punto di maturazione. Ma non sempre l’uva viene raccolta quando è perfettamente matura!

ESEMPIO: Se devi produrre una bollicina metodo classico, raccoglierai l’uva che ha ancora un buon livello di acidità e meno contenuto zuccherino!

Dopo gli zuccheri cosa è importante per fare il vino?

ACIDII principali sono TARTARICO, MALICO E CITRICO. Sono definiti ACIDI FISSI, non mutabili al contrario degli acidi volatili ( vedi acido acetico ) che si volatilizzano durante la fermentazione alcolica. Per fortuna che se ne va l’acido acetico, altrimenti il vino saprebbe di….aceto!

Anche la quantità di acidi può essere corretta aggiungendo acido tartarico per riportare la qualità ai livelli iniziali di vivacità e freschezza che si possono perdere durante le fasi di lavorazione.

POLIFENOLI. la famiglia è quella degli antiossidanti ( conosci il famoso RESVERATROLO usato anche nelle creme di bellezza? ). I polifenoli danno struttura, personalità, colore e corpo al vino stesso.

LIEVITIÈ loro il merito dell’inizio della fermentazione alcolica. Mangiano lo zucchero presente nel mosto e lo trasformano in alcol etilico ed anidride carbonica. Il mosto è già dotato di propri lieviti ( i cosiddetti lieviti indigeni ), mentre a volte possono essere aggiunti.

Chi produce vino biodinamico o naturale usa SOLO LIEVITI INDIGENI, naturalmente contenuti sulle bucce delle uve, mentre chi fa vino tradizionale può AGGIUNGERE lieviti al mosto, per aumentare la capacità e la velocità del processo di fermentazione alcolica.

I lieviti hanno bisogno di ossigeno e sostanze azotate per portare a termine il loro lavoro. Se cala il livello di azoto si possono creare fermentazioni non volute mentre la carenza di ossigeno non permette la perfetta proliferazione dei lieviti diminuendo la loro forza.

→ Vuoi conoscere meglio il mondo degli acidi nel vino? Questa spiegazione è molto interessante!

COME SI FA IL VINO ROSSO?

Come si fa il Vino rosso

La vinificazione delle uve rosse è la più affascinante e particolare. Idealmente il vino è rosso, almeno così è nell’immaginario della maggior parte delle persone. Ma che vinificazione si usa per il vino rosso?

E’ la vinificazione con la macerazione delle bucce a contatto con il mosto, al contrario dei vini bianchi dove questo non accade. Le bucce degli acini di uve rosse contengono moltissimi pigmenti colorati e maggiore sarà il tempo passato a contatto con il mosto, maggiore sarà il colore finale del vino. Serve una precisazione però: non tutti i tipi di uve hanno lo stesso colore perché un Pinot Nero avrà un colore più scarico e tenue rispetto ad un Nero d’Avola! E bisogna fare attenzione anche ai raspi dell’uva, vanno tolti per evitare che possano contaminare il vino con i loro spiccati sentori erbacei.

LEGGI ANCHE: è vero che bisogna togliere i raspi dai grappoli? C’è chi dice no!

PARTE LA MACERAZIONE DELL’UVA

La macerazione delle uve a contatto con le bucce può durare fino a un mese, tutto dipende dal tipo di uva utilizzata e dal genere di vino che vogliamo creare, è sempre quello il punto. Non stiamo costruendo un pezzo di metallo in serie ma piccole opere d’arte che daranno piacere e godimento al nostro palato. Inoltre la fermentazione viene spesso tenuta a temperatura controllata ( dai 25 ai 30°c ) per evitare che le alte temperature possano rovinare la qualità e gli aromi del vino.

MUOVIAMO LE VINACCE

Il vino in questi giorni cerca di coprirsi e nascondersi sotto le proprie vinacce. Nella parte alta del tino si può creare una sorta di strato compatto chiamato cappello delle vinacce che impedisce il contatto ideale con l’aria e lo scambio di ossigenazione per il vino. Quindi si procede alla follatura o BÂTONNAGE, rompendo lo strato e rimescolando per riunire mosto e vinacce. Un tempo si faceva in modo manuale mentre oggi è spesso eseguita meccanicamente all’interno di tini d’acciaio dotati di agitatore.

Altro modo per evitare il formarsi del cappello di vinacce è il RIMONTAGGIONei tini moderni è presente un tubo nella parte inferiore da cui si spilla il vino per riportarlo nella parte superiore del tino. Così facendo si crea ricambio nel tino, evitando che si formi lo strato superficiale di vinacce.

Molto meno conosciuta e applicata è la pratica del DELESTAGE dedicata solo a vini importanti e a lungo affinamento. Generalmente fatta a metà e verso la fine della macerazione consiste nel togliere dal tino tutta la parte liquida del mosto lasciando solo quella solida per poi reinserirla all’interno per rompere il cappello delle bucce. E’ un’operazione lunga e onerosa in fatto di tempo ed impegno che richiede, giustamente, un vino all’altezza.

NEL PASSO SUCCESSIVO SI SVINA E SI VA DI MALOLATTICA

Come si fa il vino: barriccaia

Quando l’enologo crede che la fermentazione sia finita procede con la svinatura: si eliminano dal vino bucce, fecce e lieviti morti o sostanze coagulate. Da qui in poi il vino sarà libero da tutti i residui e solo le vinacce avranno una seconda vita. Infatti dopo una veloce torchiatura per asciugarle serviranno per la produzione di grappa ( da non confondere con l’acquavite che deriva dal mosto! ).

Il vino però non è ancora pronto per essere imbottigliato oppure inviato all’affinamento, di solito acciaio o botte. Nella primavera successiva i vini rossi subiscono una trasformazione naturale chiamata FERMENTAZIONE MALOLATTICA: è un processo spontaneo che trasforma l’acido malico già presente nel vino ( e particolarmente aspro ) in acido lattico che conferisce morbidezza, delicatezza e sentore dolce.

Dopo la malolattica che ci facciamo col nostro bel rosso? Si deve decidere se affinarlo in acciaio, botte grande o barrique. Qualunque sia la decisione avremo sicuramente un vino ideale e conforme all’uvaggio ed alla tipologia. Certo, poi capita anche di trovare delle piccole perle come questo Chianti.

Hai capito come si fa il vino rosso? Credo di avertelo spiegato in parole semplici!

COME SI FA IL VINO BIANCO? Ora capirai le differenze con il rosso!

come si fa il vino bianco

La differenza sostanziale con il vino rosso sta nella vinificazione senza contatto tra mosto e vinacce. Appena dopo la spremitura si eliminano subito le vinacce, mentre un’altra differenza con la vinificazione in rosso è la spremitura soffice delle uve. Ricordiamo che all’interno degli acini i vinaccioli ( i semini ) sono portatori di tannino e nel bianco il tannino non ci deve essere! Inoltre la fermentazione deve avvenire a tempearature più basse, intorno ai 18-20°C per mantenere finezza, eleganza e profumi delicati tipici dei vini bianchi.

Ultima nota differente nello spartito è la criomacerazione. Non è una pratica obbligatoria ma aiuta nell’estrarre dagli acini maggiori sostanze e sentori durante la pressatura. Oggi è diffusa soprattutto per mantenere intatte nel bicchiere le sensazioni originarie dell’uva che, a causa del calore, del trasporto e delle varie lavorazioni, perdono d’importanza e aromaticità.

Il vino bianco ha bisogno di maggiori attenzioni: ecco quali!

Anche nel vino bianco è importante la fase del bâtonnage così come per il rosso. Assume forse ancor più importanza considerando che non si hanno le bucce a dare colore e pigmenti al vino. È importante che le fecce restino sempre a contatto con il mosto per una corretta ossigenazione ed evitare l’ossidazione.

Ricordi che nel vino bianco non ci sono le bucce? Ossidazioni e temperature alte sono i nemici da combattere!

Sfatiamo poi un mito, che il bianco non sia un vino da affinamento perchè lo è, eccome! Ovviamente c’è bisogno che venga pensato con una struttura ed un lignaggio adeguati per sopportare il peso degli anni, ma gli esempi ormai sono molti e di grandissima qualità ( guardiamo verso il Friuli ). Se volete qualche spunto di interessanti vini bianchi, trovate qua e qua due ottimi esempi.

Esiste l’altra faccia dei vini bianchi: si chiama VINO MACERATO

Poco fa ti ho spiegato come nasce il vino bianco dicendo che ci sono molte differenze rispetto al vino rosso. Bene, adesso dimentica quanto ti ho detto in precedenza!

So che adesso potresti dire “Ma che stai dicendo? Mi hai fatto una testa tanta finora sulla differenza del vino bianco rispetto al vino rosso e ora mi dici che devo dimenticare tutto?”

Beh si! Se ti va ovviamente, così potrai comprendere bene come si crea il bianco macerato!

Partiamo dall’antefatto in modo che sia più chiaro di cosa stiamo parlando. La tecnica di fare vini bianchi macerati è vecchia di secoli. Si usava già in antichità in Georgia, vera patria natia del vino, e che molto avrebbe ancora da insegnarci. Quindi chiariamo che non si tratta di una moda passeggera, nonostante un ristretto manipolo di happy few vorrebbero cavalcarne l’onda per farne una corrente stilistica alla mercè di una comunissima tendenza stilistica.

LEGGI ANCHE: i vini bianchi macerati sono storia o moda?

Oggi fare vino bianco macerato è diffuso anche in Italia, dopo che il Friuli ha dato il via con esempi fulgidi e di carattere come Gravner o Radikon. Girando la penisola puoi trovare molti esempi di vini bianchi macerati, creati uve diverse. Da me in Toscana è facile trovarne a base di Trebbiano o Vermentino, tanto per citare un paio di vitigni autoctoni.

La situazione cambia invece in Sicilia, dove potresti trovarne da Catarrato o Zibibbo, mentre risalendo al Nord, Friuli soprattuto, è facilissimo imbattersi in Malvasia Istriana, Ribolla Gialla o Pinot Grigio. Insomma la tecnica di fare vino bianco con macerazione delle bucce nel mosto è una pratica che percorre tutto lo stivale da Nord a Sud!

Come si fa il vino bianco macerato

Un esempio di vino bianco macerato toscano è il Sedì dell’azienda Marco Verona di Massa-Carrara

Quindi in cosa consistono i vini bianchi macerati?

In sostanza ripercorrono la strada intrapresa dai vini rossi, dal momento che viene usata la medesima tecnica: si lasciano le bucce a contatto con il mosto durante la fermentazione alcolica o anche oltre.

E qua si entra nella bellezza e unicità di questa tecnica: il tema è proprio il tempo di permanenza delle bucce a contatto con il mosto!

Ci sono vini bianchi macerati creati con una sosta sulle bucce di un paio di giorni, di una settimana fino a mesi, proprio come nel caso dei vini di Gravner. Cosa cambia in questo tempo? Le bucce cedono sostanza e materia al mosto, riuscendo a trasferire i connotati tipici del vitigno. Ovviamente anche in degustazione bisogna “riparametrare” i sensi per scoprire caratteristiche ben diverse dai classici vini bianchi.

Più la sosta sulle bucce sarà spinta e più cambieranno alcuni parametri come colore del vino, profumi e sapori. Il colore stesso sarà sempre più profondo e carico di pigmenti ( passati al vino grazie alle bucce ), ma sentirai la differenza anche durante la degustazione olfattiva e l’assaggio.

CONSIGLIO: se vuoi avvicinarti al mondo del vino bianco macerato, fallo per gradi. Se non hai bevuto vini simili inizia da quelli che hanno fatto meni giorni di macerazione. Iniziare subito da Radikon, Gravner o vini simili potrebbe essere un pò complicato.

Attento perché non tutti i vini bianchi macerati sono uguali!

Sviscerare qua tutto l’argomento dei vini macerati diventerebbe abbastanza complicato. Posso dirti che sempre più persone sono conquistate da questi vini, grazie anche alla sempre maggiore produzione da parte delle aziende vinicole.

Magari in futuro farò un articolo dedicato, ma intanto ti lascio con un pensiero ed una piccola riflessione. Se non ti sei mai avvicinato ai vini bianchi macerati, fallo con cautela e scegli chi lavora bene e con qualità. Poco sopra parlavo di moda e tendenza dei vini macerati ed il mio riferimento ha un perchè!

Non esiste l’equazione vino bianco macerato = buono! Come non sempre un vino bianco macerato sarà per forza un vino naturale. Oppure non significa che un vino bianco macerato sia sempre l’incarnazione del lavoro di un piccolo ed appassionato artigiano del vino.

In giro potresti trovare vini bianchi macerati con evidenti difetti oppure che provengono da uve poco “sane” od ancora creati da industrie del vino senza le attenzioni e le “coccole” tipiche dei piccoli viticoltori! Capito?

Abbiamo finito! No, manca il vino rosato…

Vino rosatoIl titolo scherzoso non è che lo specchio della realtà odierna in cui il rosato, fermo o bollicine che sia, ha ancora un ruolo di comparsa nell’emisfero enogastronomico. Parlo appunto di enogastronomia perchè anche nell’abbinamento cibo/vino molti non sanno dove posizionare il rosè. Si dice che sia il “jolly del sommelier” che propone il rosato quando vuole mettere tutti d’accordo. Oppure vuole dare ragione a metà!

Non è giusto però ridurre a mera comparsa la nobiltà del rosato che grazie alla particolarità dei suoi colori porta sulle tavole una cromia affascinante e fuori dai ranghi dei classici bianco o rosso. E’ davvero una creatura strana perché si vinifica con uve rosse ma negli abbinamenti viene paragonato al vino bianco!

Ma come si fa il vino rosato? Semplice, ci sono tre modi per arrivare a produrre un bel rosè. Il primo è aggiungere un poco di uva rossa mentre si vinifica in bianco, il secondo è di scegliere uve rosse a bassa pigmentazione ( esempio classico il Pinot Nero ), infine il terzo è la breve macerazione delle vinacce nel mosto.

Il metodo più nobile è sicuramente la BREVE MACERAZIONE SULLE BUCCE. E qua entra in gioco in modo importante l’enologo: è lui che sceglie QUANTO TEMPO lasciare le bucce dell’uva rossa a contatto con il mosto. Perchè questo? Semplice, più lasci a contatto e più il colore tenderà al rosso!

Insomma dai una possibilità al vino rosato!

Nonostante il rosato sia poco compreso, ci sono esempi ottimi di rosè come il Franciacorta Docg di cui puoi leggere qua. Anch’io faccio parte del club di chi ha “ignorato o snobbato” il rosè ma è giusto iniziare a dargli la giusta considerazione che merita, quindi sforziamoci!

Anche questa seconda puntata della nuova categoria “A scuola di vino” è conclusa. Continuate a seguire gli aggiornamenti. Con questa puntata abbiamo capito come si fa il vino, ma non finisce qua. Cercherò di proporre temi tecnici in maniera semplice e chiara per tutti. Un esempio? Intanto leggiti la guida alle bollcine!

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di MORRIS LAZZONI

VinoperPassione

Il vino è semplice da capire, basta avere passione

29 Settembre 2016. © Riproduzione riservata