Si sono chiusi da un paio di settimane i battenti della Fivi 2022, l’annuale reunion dei Vignaioli Indipendenti italiani, che quest’anno ha radunato 870 cantine e circa 24.000 visitatori. Numeri impressionanti contando che è stata solo l’undicesima edizione, partita da un totale di cantine ben inferiore a quanto visto pochi giorni fa.
Il leitmotiv della manifestazione è quello di portare i Vignaioli Indipendenti a contatto diretto con il pubblico appassionato, il quale, armato di carrello o cestino, può assaggiare e comprare direttamente al banco del produttore. Il senso del gioco è molto interessante e nessuno lo nega, nonostante un pò di caos nei corridoi dei padiglioni a causa dei carrelli spinti, più o meno con senso logico, da coloro che hanno assaggiato già un buon numero di vini.
Con così tante persone era logico attendersi lunghe file per entrare, prendere un carrello e riuscire a bere a certi stand. Quello che mi è dispiaciuto maggiormente è stato constatare prezzi non proprio da fiera o franco cantina: fermo restando che alcuni produttori presenti alla Fivi 2022 sono fuori dai radar di e-commerce e siti online vari, molti invece sono rinvenibili online e spesso a prezzi un pò più bassi di quelli che praticavano in fiera. What’s happen??!!
Infine, e poi smetto con le note meno positive, la Fivi 2022, così come le altre edizioni precedenti, non è stata concepita a misura della stampa specializzata. La fila all’ingresso era in comune con il pubblico, non ci sono giorni od orari dedicati a stampa e persone del settore, neppure possibilità di assaggiare in modo più rilassato e meno caotico.
Si capisce che la Fivi 2022 è stata pensata per il pubblico e non per la stampa. Semmai non comprendo una cosa: se gli organizzatori non mettono il personale della stampa di lavorare in modo perlomeno “normale”, che veniamo invitati a fare?! Eppure io, come tanti colleghi in Italia, sono un appassionato della Fivi: lo può testimoniare l’articolo scritto qualche tempo fa su una mia precedente partecipazione.
Racconto degli assaggi fatti durante la mia giornata a Fivi 2022
Le Marne – Cadepiaggio (AL): il Marne Bianco 2021, un Gavi da uve Cortese in purezza che è un concentrato di agrumi e nettarina al naso, seguiti da pepe bianco, ginestra e salvia. Buona acidità al palato, sempre citrina e lunga in persistenza, unita a sentori di mandorla, sapidità e fine equilibrio. Il Marne Oro 2019 si presenta con scorze di agrumi, erbe aromatiche, felce, foglie di tè, frutta secca e pesca. Buona portata di profumi al naso, con palato impegnato da struttura, ampiezza e densità fruttata. Lungo in persistenza e con acidità che sorregge la beva.
Infine il Marne Bianco 2009 cambia passo: profumi di albicocca disidratata, scorza essiccata di arancio, noce moscata, lieve accenno di idrocarburi e note minerali. Integro, fine ed espressivo al naso. Al palato non è manchevole in eleganza, infatti resta una beva invitante e figlia di un’evoluzione che non ha intaccato la discreta acidità ancora presente. Gustoso e succoso nel frutto, lievemente balsamico, salino e con salivazione accentuata. Averne di bianchi che evolvono così!
Pietro Torti – Montecalvo Versiggia (PV): inizio con il Brut 2019, creato con l’85% di Pinot Nero ed il 15% di Chardonnay. Albicocca, mela gialla, pesca, pan brioche, nocciola, pepe bianco dentro un’interessante spinta olfattiva. Elegante e preciso al naso. In bocca arriva al contempo avvolgente, nello svolgimento cremoso del sorso, ed anche spinto da una freschezza citrina di buona portata. Il perlage è fitto al palato ed abbastanza morbido nella mousse. Chiude finemente tostato e con bella piacevolezza.
Il Cruasè 2019 ( sempre 85% Pinot Nero e 15% Chardonnay ) cambia spettro di profumi con frutti rossi, pepe nero, leggere note burrose, rosa e crosta di pane. Sempre di buona finezza globale nei profumi. In bocca è caratterizzato da una spinta acida salina e ben affilata. Nonostante ciò dimostra un sorso di corpo e di carattere. Interessante.
Chiudo la degustazione con il Blanc de Blancs 2018, uno Chardonnay in purezza con 36 mesi di affinamento sui lieviti. Frutti tropicali, pesca, arancia e mandarino maturi al naso, così polposi da prendersi la scena olfattiva. Le sfumature continuano su burro fuso, leggere note tostate e tenui ricordi di crema al limone. Al palato sono gli agrumi a connotare il gusto di una freschezza nitida e presente, con una salivazione corposa quanto la sapidità. Sempre cremosa e fine la spuma di bollicine, ben integrate nel liquido, che lasciano il palato pulito a fine degustazione.
Mi muovo tra la calca di persone per continuare gli assaggi: è il tempo delle Marche
Dianetti – Carassai (AP): parto con il Vigna Giulia Pecorino 2021, il bianco che, nonostante il semplice affinamento in acciaio, vuole identificare e rendere riconoscibile l’azienda marchigiana. Bel naso di agrumi freschi come bergamotto e lime, poi erbe aromatiche e ricordi di fiori di arancio e acacia. In bocca ha spinta citrina nel gusto, salina e che procura una buona salivazione. Il frutto è espressivo, deciso e connota il sorso, dentro un corpo di buona consistenza e con finale lungo e piacevole.
Passo poi a Luciano Pecorino 2019, selezione delle migliori uve con fermentazione in tonneau ed uno dei vini che più mi è piaciuto durante Fivi 2022. Pera, pompelmo e albicocca hanno un ruolo centrale, assieme a mandorla tostata, nocciola, decotto di erbe, cannella, burro, timo e maggiorana. I profumi sono fini ed eleganti. Al palato il vino ha dimensione, struttura e larghezza, dentro ad un contesto che vede il frutto protagonista. Pienezza di sorso e distensione di acidità si alternano, domati da una ben percepibile sapidità, nel fornire persistenza e piacevolezza per vari secondi.
Passo ai due rossi, provando prima il Vigna Giulia Montepulciano 2018 che si dimostra fin dal colore meno opulento di altri simili della linea costiera adriatica. Apre al naso balsamico, poi prugna, mora e cassis, in seguito liquirizia, pepe nero, chiodi di garofano e foglie di tabacco biondo. È un vino che affina per 24 mesi in barrique, di cui alcune nuove, ma non ha l’invadenza del legno a smorzare la finezza dei profumi. In bocca è ben dimensionato, giustamente tannico e con gusto pieno ma non per questo esile in acidità, più che valida nel sorreggere la beva.
Chiudo gli assaggi con il Michelangelo 2017, una Grenache in purezza, sicuramente unica per la zona, oltre che per l’affinamento fatto in botticelle da 100 litri per circa 26 mesi. Il colore è stupendo, bellissimo nella sua trasparenza, mentre al naso arrivano frutti maturi, densi, quasi dolci tanto che sono maturi. Marasca, arancia rossa, mora e ribes nero incontrano liquirizia, noce moscata, tabacco, leggere note fumè, sottobosco, ricordi di cuoio e foglie secche. Un bel ventaglio di profumi ben amalgamati fra loro. In bocca è sciolto, dinamico, mai seduto e con una freschezza citrina che ricorda un’arancia sanguinella. Procura molta salivazione, rinfresca il palato ed il tannino è fitto, dolce e mai invasivo. Chiude leggermente piccante. Bello!
Il Conventino di Monteciccardo – Monteciccardo (PU): conosco l’azienda di Mattia Marcantoni da tempo e so quanta passione metta nel far vino. Mattia succede al padre ed è un vulcanico creatore, anno dopo anno, di nuove etichette e vini. Durante la mia giornata a Fivi 2022 ho assaggiato vari vini allo stand di Mattia ma, visto il numero ampio, mi limiterò a descrivere solo qualcuno.
Favoloso 2019: vino da uve Famoso ed ultimo creato nella scia di vini derivati da quest’uva aromatica, diffusa tra la Romagna e la provincia di Pesaro-Urbino. Il Favoloso 2019 guarda agli Eiswein, visto che è creato da uve congelate e poi inviate alla pressa alla temperatura di -5°C. Frutti maturi al naso, quasi canditi, come albicocca, pesca, pera Williams, susina gialla e fico. Poi zenzero, cannella, pepe bianco e ricordi di menta e rosmarino. Ampio al naso ma comunque fine. In bocca è ben dimensionato, caldo, avvolgente e davvero fruttato. Procura una bella salivazione, ha equilibrio tra le parti ed allunga per vari secondi di persistenza. Stuzzicante!
Famigerato 2019: altro vino da uve Famoso, macerate sulle bucce per circa 75 giorni. Interessante l’apertura olfattiva che racconta di balsamico, erbe aromatiche e floreale, per poi virare su frutta secca, scorza di agrumi, albicocca essiccata, pesca sciroppata, pepe bianco e liquirizia. Al palato è asciutto, compatto nella distensione e finemente tannico. Arriva anche sapido e meno slanciato in acidità per via del contributo del tannino, ma comunque piacevole e con chiusura polposa, strutturata e di buona persistenza.
Ancora un pò di Marche a Fivi 2022 con Borgo Paglianetto
Proseguono le degustazioni di Fivi 2022 con un’altra mia vecchia conoscenza marchigiana, questa volta nella zona di Matelica. I vini di Borgo Paglianetto parlano di Verdicchio nell’accezione più territoriale e diretta possibile: solo affinamento in acciaio e divisione di vigneti in ogni vino.
Terravignata 2021: uno dei Verdicchio in purezza dell’azienda che rappresenta il vino più immediato e diretto della gamma. Fiori bianchi, pera, lime, pompelmo, mela verde, salvia e rosmarino arrivano intensi e diretti al naso. Non ci sono trucchi e deviazioni, l’olfatto è piacevole. Al palato entra con alta acidità che procura freschezza in tutta la bocca ed ampia salivazione, lasciando ricordi di erbe aromatiche, mandorla, frutti freschi e finale agrumato. Ottima bevibilità e facilità nell’approccio.
Petrara 2021: al naso i profumi sono carichi ed espressivi. Aumentano mandorla e frutta secca, poi fieno, camomilla, mela gialla, scorza di limone e pesca bianca. Mi piace anche il vegetale da felce e rosmarino. Ha finezza nei profumi e fa capire la stoffa. In bocca aumenta la densità del frutto, ampliando il sorso e rendendolo più strutturato. L’acidità è sempre alta, dilagante e ben legata alla matrice sapida del vino. Vino ampio, di corpo e perfetto per abbinamenti gastronomici.
Vertis 2020: la punta della produzione di Verdicchio di Borgo Paglianetto che amplia sensazioni, struttura e corpo. È come essere di fronte ad un upgrade del precedente Petrara, in cui si trovano ancora maggiore finezza ed amalgama tra i vari profumi. Al palato riesce a sorprendere per bilanciamento, tra come circuisce il palato con sensazioni fruttate e come riesce a far passare l’onda fresca dell’acidità. Dimensione tattile del frutto unita al vibrante ricordo citrino ed agrumato, dentro confini salini, quasi salmastri, che si allungano per vari secondi di persistenza. Esemplare!
Un pò di Romagna a Fivi 2022 con i vini di Marta Valpiani
Marta Valpiani – Castrocaro Terme (FC): parto con Madonna dei Fiori 2021, da uve Albana in purezza vinificate in cemento. Agrumi, pera, fiore di acacia, pepe bianco, timo, maggiorana e delicatezza aromatica che infonde finezza all’olfatto. Bella dimensione fruttata in bocca con note saline ben evidenti. Non mancano salivazione e freschezza, oltre a rimarcare un finale erbaceo e leggermente mentolato.
Farfalla 2021 è la porta di ingresso al Sangiovese con affinamento solo in cemento. Delicato nei ricordi di rosa, ciliegia, fragola e ribes rosso: solo lo speziato portato da chiodi di garofano e pepe inebriano la finezza dei profumi, anticipando un finale erbaceo che va ad arricchire l’insieme. Al palato è dinamico, con pompelmo rosa e ciliegia a dare spessore ad una bevuta rinfrescante, mai troppo tannica e di piacevolezza generale davvero ottima.
Rio Pietra 2019 è un Sangiovese diverso dal Farfalla, perché cresce su suoli argillosi ricchi di ferro e fatto macerare per circa 100 giorni prima della svinatura, con la metà della massa affinata in botte grande. Al naso ha finezza, dove ogni profumo è intersecato nell’altro in un’unione davvero magistrale. Rosa di campo, viola, cipria, ciliegia matura e polposa, prugna, foglie di tè, liquirizia, pepe nero, polvere di caffè e ricordi finemente ematici. Il tannino è dolce, fitto nella portata, ampliando il ricordo in bocca fatto di acidità, salinità e giusta complessità generale.
Crete Azzurre 2019 è il Sangiovese raffinato, coltivato su terreni a matrice rocciosa e che affina per circa 18 mesi in botte grande. Si sente il salto, anche a livello olfattivo. Marasca, mora e prugna arrivano più corpose nella polpa e più mature, il lato floreale è meno fresco degli altri e non manca un corredo di spezie e sentori evolutivi. Pepe nero, ricordo ematici e ferrosi, liquirizia, tabacco, erbe aromatiche essiccate e nota balsamica che allarga le narici.
È più materico e dimensionato, con un tannino più deciso nonostante non prenda tutta la scena. Resta la matrice salina e, come gli altri, riporta un tratto salivante, fresco e di ricordo agrumato, continuando con eleganza in una lunga persistenza. È uno dei vini che ho preferito negli assaggi alla Fivi 2022.
Durante la giornata passata alla Fivi 2022 non potevano mancare vini campani
Ho scelto l’azienda Mustilli di Sant’Agata dè Goti (BN) per rappresentare gli assaggi di vino campano alla Fivi 2022. Ho iniziato con il rifermentato da Aglianico, il Regina Sofia. Vino frizzante che si connota in una beva immediata, fresca e piacevole: i frutti rossi, il tratto floreale e la cannella la fanno da padrone al naso, per continuare con delicata acidità agrumata seguita da giusto tratto salino e bollicine soffici.
La Falanghina 2021 è il biglietto da visita dell’azienda, conosciuta storicamente per la produzione ormai pluridecennale di questo vitigno, troppo spesso bistrattato. Profumi di agrumi bianchi, susina e fiori di acacia uniti a pepe bianco, alloro, paglia e camomilla. Espressivo, diretto e semplicemente delicato. In bocca ha tensione agrumata che permea il sorso, acidità di buon livello e finale di bocca piacevolmente salino e fruttato. Schietto, semplice ma non per questo banale.
Vigna Segreta 2019 è l’evoluzione della Falanghina classica che subisce una macerazione pellicolare pre-fermentativa ed una sosta sui lieviti di circa 10 mesi. Ha più calore al naso e maggiore maturità nel frutto, dove pera, pesca e mela gialla incontrano ricordi di spezie dolci, fieno e mentolo. I profumi sono armonici tra loro e di buona finezza generale. Al palato continua nel solco tracciato dalla precedente, elevando la complessità aromatica e mantenendo ottimi livelli di acidità. La sensazione fruttata è maggiore, più dimensionata e contribuisce a rendere ancora più lunga la persistenza globale.
Artus 2018 è invece un vino rosso da Piedirosso, fermentato ed affinato in vasi di ceramica. Mi piacciono i frutti rossi dolci nella loro profumata polposità: sa di lampone, ciliegia, ribes e poi cannella, lavanda, salvia e ricordi di mentuccia. Assaggiandolo si sente la scorrevolezza della bevuta, con un tannino mai troppo fitto, anzi smussato e quasi dolce, un’acidità che procura salivazione abbondante e che non frena la materia fruttata. Immediato, godibile e sincero.
Alla Fivi 2022 anche un pò di Franciacorta
Nella mia lista di aziende della Franciacorta da visitare alla Fivi 2022 avevo inserito San Cristoforo e fortunatamente, vista la calca che ho trovato in molti stand, sono riuscito ad assaggiare i loro Franciacorta.
Sono partito con ND Non Dosato, da sole uve Chardonnay, in cui ho trovato bella espressività aromatica al naso e tensione acida al palato. I profumi raccontano di mela gialla, ananas, scorza di limone, pompelmo e pesca uniti a ricordi di pan brioche, leggere note vanigliate, cannella ed un trama da erbe aromatiche e foglie di tè. Al palato entra intenso: tocco citrino e tagliente in acidità, ma al tempo stesso spuma di bollicine cremosa e rotonda. Lungo nel gusto, armonico e traccia leggermente sapida che nobilita la bevuta.
Il Brut parte dalla stessa base di uve Chardonnay pur con un minimo dosaggio zuccherino. Al naso è più avvolgente nei profumi, più confidente e meno affilato. Ricorda l’ND pur con una polposità del frutto sconosciuta al precedente, mantenendo però la stessa finezza globale. Cambia anche al palato, dove la spinta agrumata e citrina dell’acidità trova in crema pasticcera, crosta di pane e pesca succosa un contraltare più che degno. Sempre persistente, fine e bilanciato al gusto.
Arriva il momento del Pas Dosè 2018, sempre Chardonnay in purezza, ma con oltre 36 mesi di affinamento sui lieviti. Resta espressivo nel sentore fruttato, donando pienezza e rotondità grazie anche ad una maggiore evoluzione. Brioche alla crema, pan di zenzero ed agrumi canditi sono più percettibili rispetto ai precedenti, ma l’equilibrio di finezza e piacevolezza al naso non cambia. Ampio al sorso, si diffonde su tutto il palato in modo armonico, rotondo ed avvolgente. Perlage soffice e spumoso dentro ondate di scorza di limone e bergamotto, con un finale sapido, asciutto e di ottima persistenza.
Non poteva mancare un pò di Liguria, però di Ponente!
Durante il peregrinare tra padiglioni della Fivi 2022 trovo abbastanza agibile lo stand di Bruna, conosciuta azienda di Pigato nel Ponente Ligure. Conoscevo già da tempo i loro vini, anche grazie alle esperienze di qualche anno fa con l’associazione Vite in Riviera ( leggi qua ).
Parto da Le Russeghine 2021, selezione di vecchie vigne di Pigato. È intenso nei profumi, nitidi nella loro schiettezza. Lime, buccia di arancia e cedro, erbe aromatiche da macchia mediterranea, poi fieno, mandorla e pepe bianco. Fine al naso, elegante ed espressivo pur senza cadere nell’opulenza. Il sorso è pieno eppur non cede alla sedentarietà sulla lingua ma allunga con un’acidità ben rinvenibile che distende il liquido sulla bocca, dove la sapidità ha un ruolo da protagonista. Buona persistenza e finale con note di timo, salvia e chiusura leggermene amaricante.
U Baccan 2020 è frutto di una più importante selezione di uve, sempre da vecchie vigne. Le note minerali prendono subito la scena, con ricordi di iodio e salmastro ben percepibili. Mandorla tostata, bergamotto, cedro e pesca matura oltre a decotto di erbe e ricordi di macchia mediterranea. Fine, complesso nei profumi e di bella espressività. In bocca è un mix di struttura e scorrevolezza, in cui pesca e agrumi si fanno percepire per succosità. Finale con ricordi mandorla, quasi salato e di lunga persistenza. Sale un paio di scalini in complessità aromatica, donando potenzialità evolutive interessanti.
Chiudo con U Baccan 2016, vino che riesce a dimostrare le capacità di evoluzione del Pigato. Ritrovo molte sensazioni dell’annata 2020, pur con le dovute differenze dovute all’affinamento. C’è un principio di idrocarburo che, legatosi ben bene alla sempre presente traccia iodata e salmastra, evolve il lato minerale del vino. Scorza di agrumi disidratati, albicocca candita, miele di acacia, infuso di camomilla, origano, salvia, fiori secchi, pepe bianco e frutta secca tostata. Al palato la sapidità è evidente, nitida e completa un sorso ancora travolgente in acidità e freschezza. Tante erbe aromatiche, cenni balsamici e vegetali si contrappongono al ricordi dei frutti per un equilibrio di gusto che dura svariati secondi al palato. Elegante, fine…che vino!
Chiudo il resoconto degli assaggi a Fivi 2022 con un’azienda toscana
Nella scaletta di assaggi che dovevo fare alla Fivi 2022 mi ero lasciato da parte le aziende toscane: essendo aziende di casa cerco di sempre di metterle in fondo alla scaletta e di assaggiare prima altre da zone più lontane. Poi però nella ricerca di uno stand libero, mi imbatto in un’azienda segnata tra gli assaggi perché ancora sconosciuta: Fattoria La Maliosa di Saturnia (GR). L’azienda possiede circa 160 ettari in Maremma, divisi tra vigne, oliveti, terreni seminativi e boschi con coltivazione biologiche e biodinamiche.
Il primo vino che ho assaggiato è stato Uni 2021, un Procanico in purezza che ha fatto 4 settimane di macerazione sulle bucce, oltre a circa 8 mesi di affinamento in legno. Si presume sia complesso già dal colore, giallo dorato intenso, e così sarà sia al naso che al palato. Frutti gialli molto polposi come albicocca, mela, pesca per poi virare su note mentolate, di zafferano e curcuma, erbe di campo e leggera nota volatile ben integrata nell’insieme e per nulla fastidiosa. Complesso anche in bocca con riporto di albicocca e pesca, decotto di erbe, mandorla, nocciola ed ancora note di menta e zafferano. Ha una trama tannica percettibile ma che non disturba la pregevole acidità presente.
Stellata 2019 invece è un rosso da uve Cannonau grigio affinate in botte grande per quasi un anno. Traspaiono chiari e nitidi i profumi di amarena, ribes rosso, cassis e poi foglie di menta, mirto, pepe nero e tè. Delicato al naso pur con una buona intensità aromatica. In bocca è vivido, dinamico e mai fermo, data la portata rinfrescante dell’acidità. Il tannino è strutturato ma anche integrato con il resto, per cui non eccede mai. Chiude con ricordi di liquirizia e china, dimostrando godibilità.
Infine è il momento di Tarconte 2019, un Sangiovese in purezza affinato per circa 18 mesi in botti grandi e da suoli prevalentemente vulcanici. Allo spartito fruttato, composto da marasca, mora e prugna, si allegano anche note ematiche e ferrose, oltre a ricordi sulfurei. In seguito sentori di tè, tabacco, polvere di caffè e cuoio a nobilitare l’evoluzione di un Sangiovese pregevole per trama olfattiva ed intensità. In bocca i frutti sono carnosi e spessi i quali, affiancati dall’acidità di portata agrumata, creano un sorso pieno, dinamico ed intenso. Il tannino è fitto ed affilato, vista la giovane età del vino. Al gusto conclude con tracce leggermente ferrose, poi eucalipto e tabacco.
La mia giornata alla Fivi 2022 con qualche spunto di riflessione
Avere in un unico posto così tanti vignaioli e poterli conoscere di persona è un pregio che non capita spesso, anzi. Si può quasi dire che il Mercato dei Vignaioli Indipendenti in Italia è secondo solo al Vinitaly per quantità di aziende presenti e, cosa da non sottovalutare, con gli stessi proprietari che possono raccontare ogni singolo aspetto del lavoro quotidiano necessario per produrre i vini che si stanno assaggiando.
La Fivi 2022 è stata l’undicesima edizione del Mercato dei Vignaioli Indipendenti, con una partecipazione senza precedenti di aziende e pubblico pagante. Si parla di 870 produttori presenti e circa 24.000 ingressi: un enorme successo! Al tempo stesso però non posso fare a meno di narrare alcuni aspetti meno positivi dell’evento in questione, come l’eccessiva calca di persone e la conseguente difficoltà di assaggio agli stand.
Forse il pubblico di appassionati non avrà rinvenuto tutti questi problemi, ma chi come me, deve assaggiare per poi scrivere, credo abbia avuto ben più di una difficoltà. Ho già detto della mancata differenziazione di fila per la stampa, presente invece in altri eventi di grido, così come potrebbe essere opportuno dedicare almeno un paio d’ore di apertura solo alla stampa. La fiera apriva alle 11: perché non fare due ore ( dalle 9 alle 11 ) dedicate alla stampa? Potrebbe essere un piccolo palliativo, senza ricorrere a date personalizzate e senza creare troppo fastidio a produttori ed organizzatori.
In più sorgono dubbi verso la sostenibilità dell’evento in ottica futura: la crescita di presenze e successo è stata esponenziale negli ultimi anni, con tanto di aggiunta di padiglioni per far fronte al sempre maggior numero di produttori presenti. Può essere sostenibile ancora per molto questa modalità? Mi auguro per tutti di si, ma nel frattempo qualche alternativa la studierei.
Magari si può pensare ad un divisione geografica dell’evento, oppure ad una temporale in diversi periodi dell’anno. È giusto dare l’opportunità a tutti i vignaioli italiani di partecipare, ma è altrettanto importante garantire un evento di qualità sempre maggiore, così come i vini che vengono proposti.
Che possano esserci 2/3 mercati Fivi durante l’anno, magari uno al Nord, uno al Centro ed uno al Sud? Chissà…Comunque ci vedremo il prossimo anno perché l’atmosfera, i sorrisi ed i vini della Fivi già mi mancano!
di MORRIS LAZZONI
VinoperPassione
Il vino è semplice da capire, basta avere passione
9 Dicembre 2022. © Riproduzione riservata