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Nel mio viaggio in champagne non potevo esimermi dal visitare Jacquesson, una delle mie preferite nel vasto ed infinito panorama vinicolo della regione. Ho già parlato del mio tour “champagnotto” in uno dei miei ultimi articoli: chiunque se lo sia perso, può trovare il racconto della visita a Bollinger cliccando qua.

Il caso vuole che Jacquesson e Bollinger le abbia visitate lo stesso giorno, data anche la loro vicinanza e la facilità di poterle raggiungere in breve tempo. Un consiglio che sento di dare a tutti coloro che pensano di programmare un viaggio nella Champagne per visitare cantine: l’offerta è ovviamente elevata, potendo scegliere tra Négociant, Récoltant e Coopérative e le possibilità non mancano. L’importante è prenotare aziende che possano essere vicine in modo da raggiungerle facilmente: quando si è in visita il tempo scorre molto velocemente, con il rischio di allungarsi molto nella visita precedente ed arrivare tardi a quella successiva.

Storia e genesi di Jacquesson e dei suoi Champagne

Direi sia opportuno anche fare qualche accenno alla storia del marchio, fondato nel 1798 da Claude e Memmie Jacquesson, che ben presto salì alla ribalta grazie anche al riconoscimento di Napoleone Bonaparte come uno dei suoi champagne preferiti; dall’imperatore francese in effetti la Maison ricevette anche un riconoscimento, correva l’anno 1810, il quale era considerato il più alto per un’impresa o azienda: Beauté et la Richesse de ses Caves.

Nei decenni poi la proprietà di Jacquesson passò di mano più volte, cambiando anche sede, spostandosi dapprima a Reims per poi giungere all’attuale Dizy, e divenendo celebre e ben conosciuta sotto la famiglia Chiquet, proprietari dal 1974 al 2022, anno in cui è subentrato il gruppo Artémis Domaines, holding di proprietà dell’imprenditore Francois-Henri Pinault.

Oggi la dimensione di Jacquesson conta circa 35 ettari di vigneti, sparsi in diverse zone della Champagne e di cui 11 nella Côte de Blancs, oltre ad uve acquistate anche da fidati e consolidati conferitori di zona. Molti appassionati conosceranno sicuramente Jacquesson per la singolare caratteristica di attribuire un numero al loro champagne più iconico, abitudine nata con il Manifesto 700. Questa tipologia di numerazione venne adottata nel 2000, quando i fratelli Chiquet vollero compiere un miglioramento per il loro sans année, attribuendo anche un nome al nuovo corso del prodotto di punta, prendendo come riferimento il numero di basi cuvée assemblate fin dalla nascita della Maison: da qui si arriva al 728, primo champagne numerato della lunga serie.

Catasta della futura 750 di Jacquesson

La cuvée 700 ha segnato un nuovo corso, culminato nella odierna 747: la sua creazione è stata voluta dai Chiquet per dare una svolta al precedente “sans année” che non era più ritenuto in linea con i loro gusti. Pertanto arriva uno champagne senza annata in etichetta, al contempo non un prodotto uguale a sè stesso ogni anno, come capita per esempio nelle grandi Maison, ma un’espressione diretta dell’annata con aggiunta di una parte di vini di riserva a completamento. Si ribalta pertanto il concetto: qua si vuol far prevalere l’andamento dell’annata piuttosto che l’ossessiva ricerca stilistica in modo perpetuo, con l’ulteriore variabile del tempo, poiché ogni cuvèe 700 passa almeno cinque anni di affinamento sui lieviti.

La maggior parte delle uve è utilizzata per produrre i vini della linea 700, ma quelle di alcuni vigneti selezionati vengono vinificate separatamente per dar vita a delle selezioni territoriali e non qualitative, come ci tiene a specificare Jacquesson: ogni prodotto è figlio della medesima attenzione alla qualità ma con attributi distintivi e ben riconoscibili. Penso al Dizy Terres Rouge che, piccolo spoiler, ho assaggiato in degustazione: è un Pinot nero in purezza, come poteva essere facilmente comprensibile dal nome, ed è creato con le sole uve di un vigneto, così denominato, di soli sei ettari e localizzato a Dizy.

Il Dizy Terres Rouges è uno dei quattro champagne Lieux-Dits, cioè quelli figli di singole “località”: gli altri tre sono i due blanc de blancs, quindi Corne-Bautray di Dizy ed il Champ Cäin di Avize, oltre ad un altro blanc de noirs chiamato Vauzelle-Terme di Ay. La gamma poi si chiude con gli champagne Dégorgment Tardif, una sboccatura tardiva delle migliori edizioni della serie 700, che giungono sul mercato con sette/otto anni di affinamento sui lieviti: oggi infatti è disponibile la 742, basata sulla vendemmia 2014.

La numerazione dello champagne sans annèe non è l’unico cambiamento nel percorso di genesi ed evoluzione di Jacquesson, perché è giusto anche parlare della conversione al biologico a partire dal 2008 oppure della scelta di fermentare sempre in botti di legno, di utilizzare solo le classiche presse champenoise o del timbro di ossidazione controllata che la Maison ricerca durante la prima fermentazione ed il successivo affinamento in bottiglia. L’uso del legno ed ancor prima delle normali presse aperte creano parte della magia che connota gli champagne di Jacquesson: tutto ciò è particolarmente laborioso se aggiungiamo che ogni parcella di vigneto viene vinificata separatamente in modo da poterle gestite meglio in fase di creazione dei vari tagli.

Una piccola curiosità che riflette lo spirito di ricerca di Jacquesson nell’ottica del controllo dell’ossidazione anche in affinamento è l’uso dei tappi a sughero per le bottiglie che sostano più tempo sui lieviti. Jacquesson usa il tappo a corona per i prodotti della serie 700 al momento dello stoccaggio in catasta, mentre il tappo di sughero, capace pertanto di far permeare all’interno della bottiglia una minima quantità di ossigeno, per i Dègorgment Tardif ed i Lieux-Dits.

Passiamo quindi al breve racconto delle note di degustazione dei quattro champagne che ho avuto il piacere di degustare alla fine della visita. Gli champagne di Jacquesson a volte possono dividere in fase di giudizio di una papabile platea di appassionati: hanno personalità, sono portatori di uno stile e dell’espressione di uno stile, ma anche si fondono alla volontà del gusto prima ancora che di un’ideale precostituito.

Non sono un copia-incolla con lievi modifiche al dosaggio oppure con una leggera sosta sui lieviti più lunga, come accade a volte per alcune maison di grandi numeri. La stessa Dégorgment Tardif si presenta ben diversa rispetto alla base champagne della serie 700: il maggior affinamento contribuisce realmente ad evolvere ad uno step successivo di quello che la precedente cuvée poteva raccontare.

Degustazione Jacquesson

747 Extra Brut: naso con note di frutti gialli maturi, sentori di panificazione e tostati ma non eclatanti in portata ed intensità, oltre a sentori minerali pronunciati: bella la finezza di tutti i profumi al naso. Al palato mi trasmette mandorla dolce, pesca gialla, ricordi di pan brioche ed un sorso ben materico: l’assaggio è preciso nella finezza, carico di sapore e con decisa salinità finale.

746 Extra Brut: note più dolci e morbide al naso, con meno sentori minerali e discreti ricordi di zenzero e marzapane. Resta comunque fine ed elegante nella portata dei profumi. In bocca è lievemente più morbido del 747, le bollicine sono ben integrate e si fanno apprezzare per finezza. Chiude carico di sapore al palato, un pelo cremoso nel gusto e con lunga acidità.

742 Dégorgment Tardif Extra Brut: aumentano le note evolutive ed ossidative con sentori tostati che si apprezzano maggiormente, oltre a burro fuso, caramello salato, scorza di agrumi essiccata, pesca sciroppata, miele e fiori di zagara. Il palato resta sempre ben salivante, tagliente e con note saline ben apprezzabili. Diretto, lungo e con finale che sa di mandorla, ostrica e mela cotta.

Dizy Terres Rouges Extra Brut 2015: sentori minerali decisi e scuri con in più note di sottobosco, crosta di pane tostata, croissant alla crema, frutti neri, miele di castagno, cannella e marmellata di agrumi. Al palato sembra inizialmente esile, ma al contempo è salivante, con lunga freschezza e rimarchevole mineralità. Il sorso è sottile per essere un Pinot nero, preciso e con perlage fine e di grande espressione. Salino e con maggiore densità di gusto che arriva nel finale.

Jacquesson, champagne in degustazione

La mia visita da Jacquesson: come passare dalla teoria alla pratica

Avevo scritto poco sopra quanto sia amante degli champagne di Jacquesson, per cui andare in visita alla cantina è stata davvero un’esperienza appagante: in generale quando si assaggia un vino, sarebbe utile conoscerne da vicino l’origine e la genesi: le visite in cantina servono a questo e ne assumono ancora di più quando si fanno in aziende che producono vini che ci piacciono in particolar modo.

Alcune cose non si riescono a percepire solo leggendo un comunicato stampa, un sito internet od una scheda tecnica di un vino: mettere piede nei luoghi e nel posto dove certi vini nascono amplia ancor di più la nostra comprensione degli stessi, arricchendoci ulteriormente come appassionati e conoscitori.

Mi auguro di poter tornare quanto prima nella Champagne e di essere altrettanto fortunato come nello scorso Ottobre 2024, in cui ho goduto di temperature miti e giornate perfettamente soleggiate. È vero che non si può controllare a priori il meteo e che ci si possa godere una visita in vigna o cantina anche nelle giornate più uggiose: viaggiare però lungo la Route du Champagne durante il tramonto, ammirando sfumature gialle e rossastre all’orizzonte che si staglia oltre le colline vitate, ha davvero un altro sapore!

di Morris Lazzoni

Il vino è semplice da capire, basta avere passione

28 Gennaio 2025. Riproduzione riservata ©