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Di nuovo metto l’attenzione sulla Fiera di Verona. Questa volta mi concentro sulle degustazioni orizzontali e verticali che ho fatto durante il Vinitaly 2019

 

Ho già scritto un articolo sul Vinitaly e l’ho pubblicato nei giorni scorsi. Se non l’hai letto oppure non sapevi della sua esistenza, allora ti consiglio di leggere qua!

Oggi mi voglio concentrare su alcune degustazioni fatte al Vinitaly: parlo soprattutto di verticali dello stesso vino, oppure di orizzontali di produzioni aziendali. Non spaventarti dei termini geometrici, semplicemente significa degustare più annate dello stesso vino ( verticale ), oppure vini diversi della stessa annata ( orizzontale ). Ci sei ora?

Partirò dalla mia Toscana che ho toccato poco durante le mie degustazioni del Vinitaly 2019. Inizio da Varramista, un’azienda della provincia di Pisa legata al nome Piaggio ed alla Vespa. La conosci?

 

Varramista: tra vino, industria e imprenditoria

In passato ho già parlato di Varramista. Sono stato l’estate scorsa in visita alla cantina ed alla splendida tenuta agricola che vanta l’imponente villa padronale, giardini all’italiana e poi ettari di vigneti, campi seminativi e caseggiati sparsi nelle colline adibiti all’ospitalità turistica. Capisco che ti abbia messo un pò di curiosità e rimedio subito, consigliandoti di leggere l’articolo scritto qualche mese fa! 

In quell’articolo troverai tutte le curiosità sulla storia di Varramista: le ho già dette e non le ripeterò qua per non essere ridondante. Però leggilo davvero, perché ci sono tante belle cose da scoprire!

Per il Vinitaly 2019 ho ricevuto un invito dall’amica Francesca Frediani, responsabile di “varie cose in azienda”, che chiedeva la mia presenza allo stand per una particolare verticale del cru aziendale, il Varramista. Come potevo non inserire i vini di Varramista tra le mie degustazioni del Vinitaly 2019?

Se ti stai chiedendo perché definisca Francesca come la “responsabile di varie cose”, una volta che avrai il piacere di conoscerla, anche tu ti accorgerai della sua innata capacità di essere multi-tasking! Questa volta mi è sfuggito il tempo per farci un bel selfie durante la degustazione: i ritmi del Vinitaly a volte sono troppo frenetici e ti fanno sempre perdere di vista qualcosa!

Verticale di Varramista al Vinitaly 2019

Inizio la verticale di queste annate: 2013, 2011, 2009, 2005, 2002 e 2001

Si parte dalla 2013 creata da Syrah in purezza che ha fatto 18 mesi di affinamento in barrique ed il restante in bottiglia. È un vino diretto, ampio e con tono alcolico importante che si mescola alla trama vegetale e speziata. Forse è ancora un pò chiuso in questa fase, ma i tratti principali del vitigno sono già nitidi. In bocca è carnoso, tannico ed a tratti scorbutico, sapendo però di avere le carte in regola per fare bella figura in futuro.

La 2011 si dimostra subito più rotonda e con tracce di legno che si fanno più dolci e morbide al naso. Prevalgono le spezie e la maturità del bagaglio fruttato, con confettura di mora e prugna. In bocca è più fresco e meno alcolico della 2013, ancora tonico e comunque di bella astringenza. Duraturo in bocca e snello, nonostante porti un bel ricordo polposo.

Arrivo alla 2009 dove ritorna la maturità del frutto insieme alla sempre presente traccia speziata ma, soprattutto, alla vena balsamica che mi ricorda l’eucalipto. È pieno di pepe nero, come di frutti in confettura, ma per fortuna non cede alla banalità olfattiva. In bocca è ancora fresco, salivante visto che il tannino ha un ruolo meno da protagonista. È meno pomposo e pieno nel gusto, più delicato e forse sarà anche meno longevo nel tempo.

Tre annate fatte e poi l’ultima con il Syrah in purezza

Passo alla 2005 e trovo un vino più etereo e leggero, dove l’evoluzione vira sul mentolato e sull’erbaceo secco. Ci sono sempre frutti maturi ma non così pieni di polpa come in altri. In bocca è agrumato, con ricordi di agrumi rossi e citrini. Il tannino ha sempre astringenza, ma sa come inserirsi in un solco di freschezza, bocca fruttata e persistenza adeguata.

La 2002 cambia tutto, oppure dopo la 2002 è cambiato tutto. Perchè questo è l’ultimo anno del Varramista con 80% di Sangiovese e 20% Syrah: oggi invece il Varramista è Syrah in purezza. E lo senti subito il Sangiovese con quella sua timbrica ematica e ferrugginosa che assume dopo qualche anno di affinamento, seguito da contorni balsamici, da frutti maturi e floreale secco. In bocca è ancora tannico, aggrappante e forse un pò scomposto nella sua ruvidità. Chiude con discreta acidità e ricordi finali di frutti neri.

Infine la 2001 che si dimostra più armoniosa della 2002, pur condividendo lo stesso assemblaggio di uve. È più equilibrato e meno spostato su profumi spiccati. Mantiene la vena ematica, ma anche una parte eterea e poi quella componente fruttata che riempie il naso con densità di profumi. In bocca è più salivante che tannico, pur denotando una buona presa astringente. Mi lascia ricordi di melograno e arancia rossa, allunga in acidità ed è un pò meno largo in complessità.

Contatti: Fattoria Varramista Spa, Montopoli in Val d’Arno (PI) | www.varramista.it

Il Syrah è diventato l’arma segreta nei vini di Varramista, dimostrando che non solo nel casentino si produce un ottimo Syrah toscano!

 

Tedeschi e la Valpolicella: dal Classico Superiore all’Amarone

 

L’invito è di quelli difficili da rifiutare, vista la storia dell’azienda ed i prodotti presenti in degustazione. In sette bottiglie ho potuto fare una specie di excursus della produzione di Tedeschi, anche andando indietro con gli anni e verificare la tenuta al tempo. Sono a Verona e non vuoi mettere tra le degustazioni del Vinitaly 2019 anche la Valpolicella?

Spesso sento parlare di Valpolicella e vini rossi con l’attenzione spostata solo su Amarone e Ripasso: capisco bene, vista la grande fama e la conoscenza che il pubblico ha di queste due tipologie. Ma in Valpolicella si producono anche Valpolicellia Classico o Superiore che, per colpa di un minor appeal commerciale, sono meno sulla bocca di tutti: ma ti assicuro che quelli assaggiati in questa degustazione mi hanno fatto ricredere!

Tedeschi tra le degustazioni del Vinitaly 2019

 

Capitel Nicalò 1991: parto dal Valpolicella Superiore

Di solito tralascio gli aspetti legati al colore del vino, ma quando si parla di vini così invecchiati credo che sia giusto porci un minimo di attenzione, considerando il fascino che aveva quel rosso mattonato che ho visto dentro al calice.

Mi immaginavo un minimo di ossidazione al naso e non mi stupisco, visto che sto degustando un Valpolicella Superiore del 1991. Non era scontato che fosse in forma, per cui accetto l’imperfezione. L’ossidazione è subito bilanciata da una vena balsamica che lascia piacevolezza, poco prima delle note di dattero e prugna secca a dare densità olfattiva. Poi caffè, cuoio, caramello e finale di cannella. È ancora fine, nonostante tutta questa evoluzione.

Al palato è più snello, visto che il tono agrumato del melograno dà slancio alla bevuta. Mi sorprende il tannino che ha ancora forza e voglia di lasciare traccia della sua imperante astringenza, quasi eccessiva rispetto all’età. Anche l’acidità c’è ed è un bene, visto che rende la bevuta piacevole e lunga per vari secondi. Sai che al palato non ha ossidazioni e difetti? Davvero una sorpresa.

Capitel San Rocco Valpolicella Ripasso Superiore 2006

Altra epoca e diversa tipologia per cui non cerco paragoni forzati con il precedente. Ovvio che salga la concentrazione cromatica alla vista, ancora ben stabile su contorni rosso granati. Ritrovo la traccia balsamica sentita in precedenza, ovviamente meno impattante, perché subito seguita dai profumi di un’oliva nera, di alloro e di quella polposità viva e succosa di una prugna in confettura. Non è stanco al naso e neppure troppo invadente, nonostante un tono alcolico leggermente fuori controllo, bilanciato dal vena secca del caffè e del tabacco biondo.

Al palato è ancora succoso, materico e pieno di gusto. Mi piace la sua larghezza di corpo ed anche il minimo residuo zuccherino non dà troppa imponenza alla bevuta. Il tannino è pieno e deciso, mai domo e con movenze nitide in astringenza, aiutato da ampia sapidità e lunga freschezza. Insomma si beve bene, è piacevole ma ha ancora un bel futuro per esprimersi al meglio.

Maternigo Valpolicella Superiore 2011

Prima delle note di degustazione è giusto far riferimento alla particolarità di questo vino, derivato da una selezione di uve di un vigneto cru, dedicato al Maternigo, per cui si traggono uve con rese molto basse. Intanto ti dico subito ritrovo piacevolezza e agilità di approccio al naso, come negli altri vini degustati finora, ma giustamente parametrate all’annata più giovane. Forse è un poco più pungente al naso, un pò più alcolico, però bilancia questa deviazione con un tocco fruttato che si fa notare per la sua carica di frutti maturi e di bella polpa. Non manca un approccio evolutivo che sta andando su toni scuri e quasi fumè, però senza rovinare l’insieme e lasciando spazio anche ad una leggera speziatura.

Quando l’assaggio mantiene la carnosità già sentita prima, riempiendomi la bocca con la sua polpa fruttata ma, al tempo stesso, toccando ogni angolo del palato con un tannino astringente e fitto nella sua giovane irruenza. Mi piace la persistenza che ha questo vino, mai banale e con buona croccantezza di gusto, freschezza ed acidità che alleggeriscono quella densa traccia fruttata. Forse in questo momento non è perfettamente bilanciato nella sua evoluzione, ma ha ottime prospettive per il futuro.

https://youtu.be/5bh4vzemyh8

La Fabriseria Valpolicella Classico 2008

MI arrivano ricordi erbacei del tabacco umido, di peperone verde e bosso. Il frutto resta indietro: si sente che vorrebbe esprimere la propria forza, ma non riesce come nei precedenti vini. I suoi profumi non hanno la potenza che ho sentito negli altri, forse si gioca meglio la carta della finezza, dimostrandosi più rotondo nei profumi e meno teso.

Però entra potente in bocca e anche un filo alcolico che inficia la finezza che cercavo. È meno nitido nella distinzione dei sapori, visto che il tannino copre le altre sensazioni con la sua estrema potenza. Ciò non permette di avere equilibrio al palato. Al momento è un vino che ancora deve trovare la propria dimensione: da ribere in futuro!

Amarone della Valpolicella Classico 2003

Quando mi avvicino ad un vino dell’annata 2003 ho sempre il timore di trovare un vino stanco, cotto e, purtroppo, è un pò così anche in questo Amarone della Valpolicella 2003. È schiavo di un’evoluzione che lo ha provato nella resistenza olfattiva, rovinando l’equilibrio d’insieme. È scomposto in finezza, visto che il balsamico denso, la sensazione di frutti cotti e la pesantezza al naso lo caratterizzano in modo univoco.

Lo stesso si può dire una volta al palato dove lo spunto quasi liquoroso prende tutta la bocca, come l’alcol che è spinto ed imponente. Il tannino è slegato dal contesto, ma restano nel finale pungenza e trama alcolica invadente. Peccato.

Amarone della Valpolicella Monte Olmi Riserva 2009

Qua è un’altra storia, oltre ad essere un altro vino, vista anche la provenienza da un vigneto cru di 2,5 ettari, situato a Monte Olmi nel cuore della Valpolicella Classica. Qua ritrovo le caratteristiche che voglio in un Amarone ancora giovane: spinta olfattiva, corpo, tanti profumi e naso stregato dall’intensità. Il Monte Olmi 2009 riesce a fare questo, per cui ha già raggiunto il suo obiettivo.

C’è tutto al naso: mentolato, una bella coltre polposa di frutti neri, speziatura, forza alcolica e poi un inizio di eucalipto, liqurizia, foglie di thè essiccate e potrei ancora continuare. Sa di essere un vino muscoloso, ma non per questo è troppo esagerato: neppure finissimo, perchè ancora deve smaltire l’irruenza dell’età ma potrà dare ottime sensazioni.

Ritrovo la stessa tenacia anche all’assaggio, visto che è potente e pieno nel gusto e con un tannino ancora ruspante e mai frenato nella sua corsa irruente. È così piena e carica anche la carica evolutiva, ma non toglie spazio alla freschezza ed all’acidità che portano quella leggerezza di beva che servirà soprattutto in futuro.

Amarone Classico della Valpolicella 1995

Fin da subito capisco che la finezza e l’eleganza sono di casa in questo Amarone 1995. Nonostante sia ampio ed avvolgente nel pavoneggiare i profumi del suo campionario, resta fine ed equilibrato, ma anche possente e largo nella portata. Il festival dei sentori vira su maturità evoluta, per cui i frutti sono sottospirito e canditi, poi un bel cioccolato avvolgente, spezie a non finire e la grande ampiezza della parte erbacea secca e del balsamico.

Ma è in bocca che fa capire la sua stoffa, visto che è ancora vivo e scattante nella beva. Il tannino è ancora lì a dare grip ad un palato preso nella morsa di una freschezza agrumata, caratterizzata da ricordi di melagrana e arancia sanguinella. Mi fa salivare tanto, pur non nascondendo un lato morbido che porta equilibrio. Hai capito che mi è piaciuto?

Contatti: F.lli Tedeschi, Pedemonte di Valpolicella (VR) | www.tedeschiwines.com

 

Ringrazio l’azienda Tedeschi per la disponibilità e l’opportunità di bere un pò della loro storia aziendale. Sapevo che la Valpolicella sapesse dare ottimi ricordi e ne ho avuto la certezza!

 

Dopo il Veneto è il momento delle Marche e del Bianchello del Metauro

Sono stato allo stand Marche per partecipare ad una delle più particolari degustazioni del Vinitaly 2019. Si parlava del Bianchello del Metauro, prodotto solo in provincia di Pesaro-Urbino, che nasce intorno alle rive del fiume Metauro da cui prende il nome. L’uva che lo compone si chiama Biancame ( perlomeno al 95% ), mentre per un massimo del 5% può essere usata l’uva Malvasia toscana.

Il Bianchello del Metauro è un vino Doc dal 1969 ma è anche un vino storico e di lunga data, almeno stando a quanto ci racconta la storia. Si dice che Tacito parlasse dell’antenato del Bianchello del Metauro come quel vino che aiutò i Romani a sconfiggere le truppe di Asdrubale sulle rive del fiume Metauro. La battaglia avvenne nel 207 a.c.,mentre Tacito visse tra il I ed il II secolo d.c. Già all’epoca si parlava di fatti distanti circa 300 anni, per cui prendiamo questa “storia” come una leggenda interessante, oltre ad essere una bella leva di marketing per la proposizione del vino.

Il Bianchello del Metauro tra le degustazioni del Vinitaly 2019

 

Qualche accenno all’uva e poi ti racconto i 12 vini bevuti

Se non conosci l’uva Biancame magari ti farà comodo sapere che si tratta di una varietà tra le più resistenti alle malattie, che nasce in una zona unica per biodiversità, dovuta anche alla mancanza di intervento umano. La caratteristica principale dell’uva Biancame è la grande bevibilità di cui sono caratterizzati i vini, oltre ad una poco pronunciata traccia alcolica e buone doti di freschezza ed acidità. I vini oggetto della degustazione erano tutti di aziende diverse, ognuna con una propria connotazione stilistica.

Sono 12 diverse espressioni di Bianchello del Metauro: ti va di scoprirli assieme?

Di Sante Giglio 2018

Mi arriva con un equilibrio tra frutti bianchi ancora croccanti, leggeri ricordi floreali delicati e minima speziatura dolce: solo un pizzico di alcol in più rovina il delicato quadro d’insieme. In bocca è più pieno di polpa di quanto credessi, ha una buona sapidità e trova nella strada di una freschezza agrumata la sua ragion d’essere. Ha una buona struttura al palato, ma non cade nella trappola della grassezza, bensì mantiene una beva citrina e d’interessante persistenza.

Fiorini Campioli 2018

Lascia subito un’impronta più corpulenta al naso, grazie a profumi più pieni e che sembrano maggiormente maturi rispetto al Giglio 2018. Sento ricordi di camomilla, leggere sfumature di frutta secca, ma senza troppo alcol ad invadere le narici. Mi piace per eleganza, nonostante abbia un olfatto già pieno. Trovo una salivazione citrina in bocca che prende ogni angolo del palato, accompagnano la sapidità per una beva ampia e di struttura, ma anche beverina e croccante.

Guerrieri Celso 2018

Si distingue dai precedenti per note più aromatiche e che ricordano i frutti tropicali in modo deciso ma senza eccedere, pur dimostrandosi quasi denso al naso. È ben agrumato sia al naso che al palato, con spinta alcolica rintracciabile, mentre sapidità e freschezza al palato non mancano mai. Forse manca di struttura e stabilità di gusto nel finale, ma comunque è piacevole.

Villa Ligi Albaspino 2018

La spinta delle erbe aromatiche è fin da subito evidente, assieme a quella delicatezza floreale che lascia ricordi freschi e di bell’impatto olfattivo. Anche la parte fruttata riporta alla mente un tratto acerbo ed erbaceo, pur parlando di agrumi succosi e di bella polpa. In bocca è sapido, più denso del precedente e salivante per lungo tempo. Buona persistenza.

Focus sul Bianchello del Metauro nelle degustazioni del Vinitaly 2019

Bruscia Lubac 2017

Cambia l’annata e subito si fa notare. C’è maggiore maturità nei profumi, con un naso più profondo e pieno rispetto agli altri vini. Mi piace perchè è più rotondo ed avvolgente nei profumi. Anche al palato è lo stesso, largo e di maggiore complessità rispetto agli altri. Mi lascia un velo di morbidezza, perdendo un pò di spinta acida e di freschezza. Piacevole, lungo e sapido mentre continua a lasciare una beva abbastanza citrina.

Cignano San Leone 2017

Come è bello al naso, fine e delicato nel portarmi profumi e tanta mineralità quasi sulfurea! Ha una traccia fruttata che non si nasconde dietro l’eleganza, mostrando tutta la sua pienezza che non svirgola dal percorso continuo della finezza. Al palato è carnoso, teso in freschezza, pur lasciando la bocca secca ed asciutta nel finale. Lungo nel gusto.

Il Conventino Brecce di Tufo 2017

L’evoluzione di questo vino è maggiore di altri, con i profumi che si connotano per la carica di profumi terziari dovuti all’affinamento in legno. È un vino che fa della rotondità dei profumi al naso la propria carta vincente, marcando con la nota di legno ma anche portando una buona varietà di altri profumi: pesca essiccata e scorza di cedro, frutta secca e fieno caldo. Quando lo assaggio entra con un buona calore alcolico, spesso nel gusto e complesso per i numerosi sentori che arrivano. L’ampiezza non si limita, anche se non toglie troppo spazio all’acidità, più bassa e meno percettibile che in altri vini. Chiude amaricante, fumè e con lunga persistenza.

Lucarelli La Ripe 2017

Si torna su vette di finezza ed eleganza più “magre” e meno spesse nel corpo profumato. Sento maggiormente i fiori, così come quelle belle erbe aromatiche che incontrano una sempre presente polpa fruttata in un solco di mineralità decisamente presente. È equilibrato anche in bocca, giocando tra acidità e salinità, senza perdere in evoluzione e lasciando la bocca precisa, pulita e ben salivante. Ben godibile!

Le bottiglie di Bianchello per le degustazioni del Vinitaly 2019

Morelli Borgo Torre 2017

È così fine al naso da stare in perfetto equilibrio tra fiori, frutti ed erbe aromatiche. Questo è il complimento migliore che gli si possa fare, vista la bella intensità profumata e la sempre presente finezza. Chiude al naso con leggeri ricordi di zenzero che lascia piccantezza minima. È polposo in bocca, con buona spinta fruttata e lungo nel gusto, ma si mantiene agile grazie ad un bel tono di acidità e freschezza.

La Morciola Il Cigno 2017

Si presenta con profumi più densi al naso, dove spicca il sentore di infuso di erbe aromatiche. Sento anche il calore alcolico, più netto che in altri vini, mentre la parte fruttata è lì a confermare la tipicità del Bianchello. In bocca è un vino teso, nitido nell’approccio agrumato e nel modo continuo con cui mostra grande acidità. Asciuga la bocca nel finale e resta sempre fine.

Crespaia Chiaraluce 2016

Più sulfureo al naso, leggermente tostato ma sempre fine e pulito nel garbo. Sento frutti più maturi, ovviamente, che danno rotondità ai profumi seguendo la lieve tostatura e la secchezza del floreale. Bello però, mi colpisce! In bocca è deciso e di buona evoluzione, pur restando con una beva facile, salivante e citrina: mi sorprende perchè sembra un vino più giovane al palato. Lungo in persistenza e con buona sapidità.

Terracruda Campodarchi Oro 2015

I profumi di questo vino si differenziano, grazie alla maturità dei frutti che connota ogni sfumatura, assieme al ricordo di miele e frutta secca, chiudendo con ricordi tostati che fanno capire l’affinamento fatto. Bello comunque e di bella finezza. Quanto è giovane e fresco in bocca, non credevo! È salivante, agrumato e di belle tensione acida che nasconde la polpa matura dei frutti. È un vino nervoso, teso, ancora da affinarsi e non domo nello slancio vitale.

 

Che bella questa panoramica sul Bianchello del Metauro! L’uva Biancame ha tutte le qualità per creare vini interessanti e che sapranno conquistare sempre più i palati degli appassionati!

 

Orizzontale di Sagrantino di Montefalco 2014 al Consorzio vini di Montefalco

Anche quest’anno inserisco tra le mie degustazioni del Vinitaly 2019 i vini di Montefalco. Credo sia una zona di grande potenzialità ed ancora poco conosciuta, a favore di altre che risuonano più spesso nelle orecchie degli appassionati.

Il Sagrantino è un’uva che può lasciare impressi nella memoria ricordi indelebili e di gran spessore, quindi perché non fare una degustazione orizzontale? In più ho scelto appositamente un’annata difficile, almeno sulla carta, come la 2014. Credo sia interessante verificare come i produttori abbiano interpretato questa dannata 2014!

 

Ti ricordi il mio articolo sui vini di Montefalco al Vinitaly 2018? Rileggilo cliccando qua!

 

Quando si parla di Sagrantino di Montefalco in che regione siamo?

Vuoi qualche riferimento in più? Siamo in Umbria, a metà via circa tra Perugia e Terni, in ristretta zona vinicola che prende il nome dal paese di Montefalco. Inoltre ricorda che l’uva Sagrantino è una specie tenace, ricca di polifenoli e tannini: quindi non meravigliarti se, bevendo un Sagrantino di Montefalco giovane, dovessi sentire un vino particolarmente tannico ed astringente. Fa parte della sua tipicità, visto che il Sagrantino ha bisogno di tempo e di lunghi affinamenti per mostrare il meglio di sè.

Ringrazio fin da ora il Consorzio Tutela Vini Montefalco per la preziosa collaborazione e Maruska Passeri per la disponibilità che ogni volta mette al mio servizio. Sei curioso di sapere cosa ne penso di questi Sagrantino di Montefalco 2014? Preparati, perchè sono 16 vini diversi!

Panoramica sui Sagrantino di Montefalco al Vinitaly 2019

 

16 Sagrantino tra le degustazioni del Vinitaly 2019

 

Terre di San Felice Sagrantino di Montefalco 2014

Al naso è più impattante nella vena alcolica piuttosto che nel frutto, dimostrando accenni balsamici che si uniscono alla maturità dei frutti neri ed al tratto ematico, appena accennato, che sfuma in ricordi di tabacco e liquirizia. In bocca ha un tannino ancora teso e strutturato, superato solo dalla forza alcolica che si fa notare, prima di lasciar passare una buona densità fruttata.

Antonelli Sagrantino di Montefalco 2014

Non spicca per grande intensità nei profumi, lasciando da parte la profondità e densità fruttata, mentre privilegia la coltre speziata e l’evoluzione. Sento fini ricordi argillosi e poi un buon calore alcolico. In bocca entra agrumato in attacco, per poi spostarsi su residui tannici astringenti e ancora un pò verdi. Asciuga bene il palato, ma non manca di acidità e freschezza. Buone la sapidità e la lunghezza nel finale.

Di Filippo Montefalco Sagrantino Etnico 2014

Arriva più erbaceo al naso, mostrandomi una buona varietà di fiori secchi, tabacco e thè verde. È un vino meno intenso nei profumi e che punta maggiormente su finezza e delicatezza olfattiva. Chiude mentolato e con piacevoli ricordi di frutti neri. Al palato invece è secco, amaricante e con potere astringente notevole, che rischia di bloccare sul nascere la potenza salivante dell’acidità. Ancora un pò sbilanciato al palato, forse ha bisogno di tempo per trovare il suo equilibrio.

Ilaria Cocco Phonsano Sagrantino di Montefalco 2014

È un Sagrantino che si sposta sulla maturità fruttata e su quella vena cioccolatosa, sfumate solo dal contributo di un fresco mentolato. Poi alloro ed erbe aromatiche fanno il resto, rendendolo l’olfatto più equilibrato ed ancor più fascino. Elegante e di bella personalità. In bocca invece è più bilanciato tra attacco tannico e bella trama agrumata: fa salivare, poi asciuga la bocca e continua con lunga persistenza.

Alcuni Sagrantino nelle degustazioni del Vinitaly 2019

Perticaia Sagrantino di Montefalco 2014

Gioca su profumi densi e pieni in cui il cioccolato e la frutta matura regalano larghezza: poi arriva il tono piccante, portato da alcol e spezie, mentre restano lontane le venature floreali. Chiude con un bel tocco di eucalipto e ricordi della macchia mediterranea. Ma al palato sorprende, voltando faccia della medaglia: sento un netto contributo del frutto agrumato e della salivazione citrina, con una freschezza che mi sorprende. Il tannino è fitto e sabbioso, ma elegante. Ancora da farsi ma di lunga persistenza.

Tabarrini Colle Grimaldesco Sagrantino di Montefalco 2014

Bilanciato nei profumi, visto che nessuno sovrasta l’altro. Mi piace il suo equilibrio che non lascia sensazioni prevaricanti, se non un minimo di ricordo alcolico. In tutto questo regno di frutti, fiori, evoluzione da affinamento spicca solamente la vena balsamica finale. In bocca è teso e spiccato nel tannino visto che porta notevole astringenza. La salivazione resta indietro, facendo sembrare il vino più spigoloso di quanto già è. Al palato è un pò scomposto, però recupera con un finale fruttato nel finale.

Terre de La Custodia Sagrantino di Montefalco 2014

L’olfatto di questo vino sembra una bottiglietta di profumo appena aperta. È il regno del cioccolato, della menta, del rosamrino e dei frutti spolpati e macerati nella loro estrema surmaturazione. Chiude con ginepro e the nero nel solco della pienezza della prugna. In bocca è carico di polpa, con il tannino che fa filtrare un pò di acidità, mentre resta un vino sapido e più slanciato di quanto facesse intendere al palato.

Broccatelli Galli Sagrantino di Montefalco 2014

Buona tensione di polpa croccante in cui si incastra un accenno erbaceo, che tenta di sminuire la vena alcolica che non fatica ad emergere. È rotondo, forse meno preciso di altri in finezza, ma neppure troppo invadente. In bocca entra sparando una bella ciliegia marasca, prima di far passare il tannino che, per fortuna, non oscura la lunghezza della salivazione e dell’acidità. Mi piace la sapidità finale e la sua compattezza nel gusto. Di bel potenziale.

Ancora Sagrantino di Montefalco tra le degustazioni del Vinitaly 2019

Scacciadiavoli Sagrantino di Montefalco 2014

Spezie e concentrazione balsamica sono le prime note che compaiono e che danno personalità al suo olfatto. Gioca sulla decisione della spinta sottospirito dei frutti rossi, oltre a belle tonalità erbacee secche. In bocca è bilanciato tra forza tannica e buona acidità, donando equilibrio e tanta sostanza ad un vino che pare il più pronto tra quelli provati finora. Forse anche il più godibile, vista la natura agrumata ed un tannino che non procura astringenza invadente.

Colle Ciocco Sagrantino di Montefalco 2014

L’olfatto è più denso e pieno di concentrazione rispetto ad altri vini, sia per una maturazione fruttata avanzata che per la forza speziata ed alcolica. Ci sono spinte evolutive che mi portano tabacco, foglie secche e buona finezza generale. In bocca è concentrato e materico dove trovo molta polpa e succo che si concentrano in una beva più densa e carica di sapore. Il tannino è compatto e meno astringente, grazie al velo di morbidezza che lo bilancia.

Di Filippo Sagrantino di Montefalco 2014

È ancora chiuso al naso, non si è ancora aperto. Arriva il cioccolato a dare corpo e pienezza, assieme a pepe nero e cannella, chiudendo con leggerezza e quei ricordi di menta e alloro. Frutti pieni ma non così presenti, mentre l’alcol è un pò pungente. Anche in bocca è denso e pieno, pur dimostrando una buona vena agrumata, ma ben presto sferzata dalla forza del tannino. Buona persistenza e ben lungo anche in salivazione.

Le Cimate Sagrantino di Montefalco 2014

La nota alcolica è appena sopra le righe, mentre mi piace quella bella espressione di frutti neri che accoglie con fare elegante. Serve anche quel ricordo di tabacco e di erbe aromatiche a completare il tutto, sfumando in erbaceo secco. È un vino di bella finezza al naso e che lascia ricordi speziati nel finale. Al palato entra citrino, quasi magro con mora e amarena che danno corpo, pur in un contesto di tannino non eccessivo. Allunga in freschezza e piacevolezza. Forse un pò più magro di altri, ma con una beva gradevole e lunga.

Terza batteria di Sagrantino nelle degustazioni del Vinitaly 2019

Romanelli Sagrantino di Montefalco 2014

Spinta alcolica e di frutti surmaturi che danno pungenza, nascondendo la natura polposa dei frutti neri. Sento cioccolato e poi toni amari che ricordano il caffè e floreale secco. Comunque spinge in modo intenso, pur non perdendo una buona finezza. In bocca è amaricante grazie al contributo di chiodi di garofano e liquirizia, ma anche più morbido degli altri. Il tannino è fitto, ma non esagerato in astringenza. Godibile già ora, forse con meno freschezza di altri.

Benedetti e Grigi La Gaita del Falco Sagrantino di Montefalco 2014

Eccoli i toni alti dell’alcol e delle spezie che mi accolgono, portando a rimorchio un bel carico di frutti di bosco dalla bella polpa succosa e profumata. È un bel vino al naso, grazie anche alle sfumature balsamiche, di erbe aromatiche e di cioccolato e tabacco che arrivano poco dopo. È coerente al palato, con tanta frutta ed evoluzione tonda, poi un tannino ingabbiato da una morbidezza che non mi aspetto. L’acidità è più bassa del previsto, ma la persistenza c’è.

Benedetti e Grigi Sagrantino di Montefalco 2014

Questo vino ha un olfatto denso, quasi solido, visto i netti profumi di cioccolato, tabacco caffè e poi un mare di frutti surmaturi. È un blocco di profumi compatti che bloccano le narici, condendo il tutto con notevole deriva alcolica. Diciamo un vino muscoloso, forse anche troppo. In bocca però è più agile, più citrino e salivante, riuscendo così a bilanciare l’olfatto. Ritrovo ogni sentore ma in veste meno corpulenta. Il tannino c’è ma non aggredisce. Godibile e fresco.

Fratelli Pardi Sacrantino Sagrantino di Montefalco 2014

Festival di ampiezza e profumi evoluti in cui la percezione dell’erbaceo secco e del balsamico fanno da capofila. È ammaliante nel gestire bene la varietà, dopo rimpolpata da evidenti note fruttate e da bei ricordi speziati, uniti a polvere di caffè e tostato. Forse non finissimo, ma piacevole al naso. In bocca è simile per potenza di sapori, ma anche più agile e di bella beva. Il tannino è elevato, ma anche bilanciato da tanto frutto e salivazione. Lungo in acidità, polposo e persistente.

BILANCIO DELLA DEGUSTAZIONE

Quando in Italia parliamo della annate dovremmo ricordarci che l’andamento può essere diverso a seconda della zona. Nella 2014 di Sagrantino ho trovato corpo e tannino, ma anche agilità e beva salivante che in altre annate sicuramente non troverei. Quindi per me il giudizio è positivo!

 

Anche per il 2019 devo ringraziare il Consorzio Tutela Vini Montefalco per la splendida ospitalità. Ho avuto tutto il tempo una ragazza dedicata che ha accolto le mie richieste con professionalità e gentilezza. Il selfie quindi era doveroso!

Il selfie a base di Sagrantino di Montefalco con VinoperPassione

 

Tornerò con un ultimo articolo riguardo al Vinitaly: non lo perdere!

 

di MORRIS LAZZONI

VinoperPassione

Il vino è semplice da capire, basta avere passione

14 Maggio 2019. © Riproduzione riservata