Dopo avere lasciato i dintorni di Lucca hai due possibilità per arrivare all’azienda vinicola Villa Santo Stefano. Una è la via più semplice, larga per far passare due auto e poco più ed abbastanza agevole, mentre l’altra sembra quasi una mulattiera di campagna che si arrampica tra i poggi pieni di ulivi e coperta solo da una striscia di asfalto rubato alla terra ed ai pendii della collina.
Ovviamente ho scelto la strada più stretta, complice un ormai fin troppo sicura libertà di affidamento a quello strumento di Google che ti guida per le strade del mondo. Il paesaggio sottostante sicuramente merita di essere visto, mentre avrei fatto volentieri a meno d’incontrare i trattori mentre falciavano l’erba, occupando l’intera corsia di asfalto disponibile. Trovarseli dietro ad un tornante con la loro bella imponenza, non è stato un toccasana per il ritmo cardiaco!
Sapendo in anticipo della strada e, qualora fosse stata libera dai trattori, mi sarei divertito molto di più alla guida di un’auto sportiva, invece della mia piccola utilitaria, sfidando le ridotte dimensioni dell’asfalto e dando un ulteriore accelerata di adrenalina!
Ecco quindi che scattano un paio di telefonate a Claudia Marinelli, responsabile della comunicazione dell’azienda, per essere sicuro di aver imboccato la strada giusta. Grazie davvero Claudia per l’invito all’evento della “Festa del Loto” e della presentazione di Volo, ma anche per esserti prodigata a darmi indicazioni mentre mi trovavo nel mezzo di un bosco selvaggio.
A Villa Santo Stefano si incontrano vino, auto, storia e natura
La mia divagazione sulle auto non è stata casuale: mettendo un attimo da parte la mia storica passione, l’automobile è legata a filo doppio con la cantina Villa Santo Stefano. La storia del patron Wolgang Reitzle infatti passa proprio da quel mondo e dalle esperienze in Bmw, Ford, Jaguar e Land Rover.
Tornando al vino posso garantire che, nonostante la giornata veramente calda, il giardino e gli spazi verdi di Villa Santo Stefano mettono pace e serenità a chiunque varchi le porte del cancello. Il panorama sulla piana di Lucca è impagabile, così come sapere di avere il mare della Versilia vicino, oppure l’aeroporto di Pisa sempre disponibile qualora sia necessario collegarsi con il resto del mondo. In pratica è il riassunto di alcune motivazioni che hanno spinto Reitzle e la moglie Nina Ruge ad acquistare la proprietà dell’ex Villa Bertolli per trovare un eremo di serenità e pace nella loro amata Toscana.
Il resto è storia più o meno recente, dal quel 2001 che ha sancito l’acquisizione della proprietà con un solo ettaro di terreni vitati. La voglia di fare vino è venuta dopo, arrivando all’attuale dimensione di 7 ettari con una produzione annua di circa 30 mila bottiglie. Nei primi anni Wolfgang Reitzle si affidò alla consulenza di Carlo Ferrini per la creazione dei vigneti in cui sono coltivati Vermentino per le uve a bacca bianca, oltre a Sangiovese, Merlot, Cabernet, Petit Verdot ed altri per le uve a bacca rossa. Serviranno tre anni per cambiare l’aspetto alle colline circostanti affinché possano ospitare i vigneti come li ammiriamo oggi.
La produzione di Villa Santo Stefano si basa su due principi: rispetto per la natura in vigna e tecnologia avanzata in cantina. L’azienda è in conversione biologica per vigneti e oliveti, mentre in cantina c’è più tecnologia che in un negozio di elettronica.
Ho parlato della cantina non a caso: basta scendere di qualche metro per ritrovarsi di fronte alla porta a vetro della cantina. È preceduta da un’ampia aia utilizzata in vendemmia per le presse ed i tavoli di cernita delle uve, ovviamente raccolte a mano da personale qualificato.
Una volta arrivate in cantina le uve trovano uno spazio moderno, adeguato nelle dimensioni e ben costruito per permettere al personale di lavorare nel migliore dei modi. La cantina di Villa Santo Stefano è un contenitore di tecnologia applicata al vino con frollatore automatizzato, vasche troncoconiche di acciaio, micro ossigenatori computerizzati e due nuovissime vasche di cemento per l’affinamento finale dei vini rossi prima dell’imbottigliamento.
L’enologo Alessio Farnesi ci spiega che l’azienda vuole creare vini che siano il più possibile puliti e precisi, come da richiesta del dottor Rietzle il quale ha l’obiettivo futuro di creare il miglior vino della Lucchesia. Non mancano neppure barrique e tonneau nell’apposita barricaia, costruita anch’essa nel 2014, ma che sembra più antica grazie all’utilizzo di mattoncini del XIX secolo per le volte del soffitto.
L’invito era per la festa del Loto e per la presentazione di Volo, il nuovo vino rosso di Villa Santo Stefano. Poi si sa che l’occasione è sempre buona per degustare: ecco che ci sta l’assaggio di tutta la produzione in più annate. Il tavolo degustazione stampa era a bordo piscina: poteva andare decisamente peggio!
Dei vitigni ho già parlato prima: in realtà non si discostano molto da quelli presenti mediamente nella costa toscana, con un giusto bilanciamento tra vitigni autoctoni ed internazionali. La degustazione parte da Gioia, l’unico vino bianco da Vermentino in due annate, la recente 2019 e la 2018.
Gioia 2019 ha profumi agrumati e fruttati di media intensità, erbe aromatiche e fine camomilla arrivando al palato succoso, ben sapido e meno spinto in acidità di quanto credessi. Ha ottima bevibilità con finale gustoso e leggermente amaricante. Gioia 2018 invece ha note fruttate più mature, come ananas e pesca gialla, una discreta mineralità, infuso di camomilla ed un ricordo quasi burroso. Al palato è citrino e centrato nell’equilibrio tra frutto e mineralità. C’è alcol ma non perde la beva pur essendo meno persistente nel gusto.
La prima annata di Volo ha fatto centro. Serviva un vino così giovane e dinamico!
Arriva il momento del Volo 2019, il nuovo vino di Villa Santo Stefano, ufficialmente presentato oggi. L’intenzione era di fare un vino rosso “da quattro stagioni”, oltre ad essere godibile ed apprezzabile in svariati momenti. L’obiettivo è centrato, a partire dai profumi croccanti e polposi di frutti neri, dal contributo lievemente erbaceo e quella bella vivacità che lo avvicina anche ad un pubblico non esigente. Continua a dare piacevolezza al palato, con gusto rotondo ed avvolgente ma anche acidità, buon dinamismo nella beva e tannino misurato. È un vino che si apprezza anche quasi fresco: è goloso e beverino. Obiettivo centrato!
Verticale Sereno 2018/2017/2016
Sereno è un vino della tradizione toscana dove il Sangiovese la fa da padrone con l’80% dell’uvaggio, integrato da un 20% diviso tra Canaiolo, Colorino e Ciliegiolo. La 2018 è un campione da botte ( verrà imbottigliato a Settembre 2020 ) con una buona espressività fruttata, lievi note ematiche, spezie e note tostate ancora da smaltire. In bocca è giovane, con tannino aggrappante che smorza l’acidità e la salivazione: il frutto per ora è coperto, ma ha potenzialità per migliorare in futuro.
La 2017 è più cupa e profonda al naso, con frutti maturi e calore alcolico. Arriva anche balsamica, con ricordi erbacei secchi di tabacco e foglie di thè. Ha un olfatto importante, ricco ma non eccessivo. Al palato dimostra carattere con spinta fruttata piacevole e duratura, tannino mai eccessivo, tanta gustosità e scorrevolezza. Buona persistenza.
Sereno 2016 è un vino a due facce con olfatto balsamico, liquirizia, frutti neri maturi e quasi chiuso nell’ampiezza aromatica. In bocca ha un tannino troppo evidente che fa mancare l’equilibrio alla degustazione, essendo quasi verdognolo. Il corpo c’è, la struttura anche, ma nel finale il tannino si ripropone in modo evidente.
Verticale Loto 2018/2017/2016
Anche la 2018 di Loto è un campione da botte ( verrà imbottigliato a Gennaio 2021 ). Le uve sono Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot per una spinta ancora vinosa al naso, pur con evidenti sfumature di vaniglia, marcatura del legno, di ricordi di tabacco e cioccolato. All’assaggio gioca sulla spinta acida e sulla gustosità del frutto, mentre il tannino è presente ma nobile. È in cerca di finezza, ma la troverà con il tempo.
Mentre sul Loto 2017 non posso pronunciarmi per problematiche della bottiglia, posso dire di aver apprezzato la 2016. Fin dai primi momenti percepisco note balsamiche e mentolate che anticipano prugna e mora mature, uva passa e pregevoli note di chiodi di garofano e pepe nero. Mi piace il dinamismo che ha al palato, la sua verve salivante pur con alcolicità presente e tannino ancora da smussarsi appieno. Lascia la bocca gustosa nel finale, ha bevibilità e persistenza di buon livello. In prospettiva è il migliore dei tre.
Dopo la degustazione abbiamo cambiato location per il pranzo: dalla sala vista piscina siamo arrivati al tavolo riservato nel giardino con vista sulla piana di Lucca. Il pranzo è stato curato dallo chef Riccardo Santini dell’Osteria il Vignaccio di Camaiore: faccio i complimenti per la bontà del menù nonostante qualche piatto di stampo più invernale che estivo.
Ho varcato i cancelli di Villa Santo Stefano alle 19: le chiacchere in giardino tra colleghi ed il personale dell’azienda avevano il ritmo della pura convivialità. Posso dire che ci siamo fatti prendere la mano dal piacere di rilassarsi in un posto dal fascino e dalla bellezza unici!
Saluto con una foto ricordo della Pieve di Santo Stefano ( da cui prende nome la cantina ) in un particolare e struggente scatto fotografico prima del tramonto, senza dimenticare di ringraziare tutto lo staff di Villa Santo Stefano per l’ospitalità e la cortesia dimostrate. Non è una cosa scontata!
di MORRIS LAZZONI
VinoperPassione
Il vino è semplice da capire, basta avere passione
8 Luglio 2020. © Riproduzione riservata